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FILM / RECENSIONI

La Reine Soleil

di 

- Una coproduzione europea d’animazione che adatta un best-seller: le avventure di una giovane principessa per i più piccoli, il misticismo di Akhenaton per i più grandi

"Dall’alto di queste piramidi, 40 secoli vi guardano". Le parole pronunciate nel 1798 a Gizah da Napoleone riassumono bene la fascinazione esercitata sugli spiriti dall’antico Egitto, un potere di attrazione che ha attraversato le epoche fino ad offrirsi, oggi, declinata in forma di film d’animazione in grado di sedurre il grande pubblico: La Reine Soleil [+leggi anche:
trailer
intervista: Léon Zuratas
intervista: Philippe Leclerc
scheda film
]
. A differenza del suo predecessore hollywoodiano, Il principe d’Egitto, il lungometraggio di Philippe Leclerc (I figli della pioggia) sprofonda le sue radici nel cuore della civiltà dei faraoni. Adattamento del romanzo omonimo di Christian Jacq, scrittore appassionato di egittologia le cui opere vendono milioni di copie in tutto il mondo, La Reine Soleil si lega, sotto la superficie delle movimentate avventure di una principessa e di un giovane della sua età, all’esplorazione di un personaggio fuori dalle norme e degno dell’interesse degli spettatori adulti: Akhenaton il mistico.

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Il faraone, che regnò sull’Egitto dal 1355 a 1337 avanti Cristo, condusse una rivoluzione religiosa e instaurò il culto monoteista del Sole. Con l’ordine di distruggere le immagini delle molte divinità antiche, fece vacillare il potere dei sacerdoti, che contrattaccarono accusandolo di eresia e alleandosi con i capi delle armate proprio quando gli Ittiti minacciavano le frontiere. Tutti questi ingredienti costituiscono uno sfondo ideale per gli sceneggiatori Gilles Adrien e Hadrien Soulez-Larivière che, come impone il giovane pubblico, hanno deciso di mettere al centro della storia le disavventure di Akhesa, figlia di Akhenaton. Indifesa di fronte all’ermetismo di un padre che si disinteressa pericolosamente della gestione del paese e si isola, a limite della follia, nella sua Città del Sole, la giovane adolescente fugge da Tebe per chiedere aiuto alla madre Nefertiti, che vive reclusa in un’altra regione dell’Egitto. Aiutata da Thout (futuro Tutankhamon), la giovane intraprende un viaggio iniziatico nel quale non mancheranno i pericoli, dai coccodrilli del Nilo alle piaghe del deserto, dalle vita di strada alla rivelazione dei complotti, passando attraverso un incontro con i mercenari. Avventure che faranno crescere i due ragazzi in una corsa contro il tempo per salvare il faraone e l’Egitto.

Ma, oltre a queste peripezie disseminate di humour, la bravura di Philippe Leclerc è stata quella di iniettare il fantastico e il soprannaturale nella misteriosa mitologia egiziana. Telepatia, viaggio del faraone nell’aldilà..., istanti di pura magia che aprono La Reine Soleil ad una dimensione onirica che si innestano perfettamente sul racconto d’avventura ed il contenuto "storico". E la forma in 2D, la cui bella grafica è stata definita dal britannico Neil Ross, rafforza questa scelta di lettura a più livelli. Lo stile pulito, che privilegia le linee piatte, si coniuga con una ricca palette di colori, un acuto senso dei dettagli e dei simboli discreti, e l’architettura delle piramidi e dei templi che facilitano questo approccio "occulto". Il film si appoggia anche al talento del celebre jazzista avanguarista Didier Lockwood, che non esita a mischiare, fra gli altri, musica orientale e R&B, ma s’ispira anche a Debussy, Fauré e Ravel. Una scienza del commistione che richiama anche il montaggio finanziario di La Reine Soleil gestito da Belokan Productions e associato con difficoltà (leggi l’intervista a Léon Zuratas) tra Francia, Ungheria e Belgio.

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(Tradotto dal francese)

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