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FILM / RECENSIONI

Reprise

di 

- Candidato norvegese agli Oscar 2006, Reprise è divenuto uno dei film preferiti dalla critica e dai festival mondiali sin dal suo lancio di successo a Karlovy Vary

Candidato norvegese agli Oscar 2006, Reprise [+leggi anche:
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intervista: Joachim Trier
intervista: Karin Julsrud
scheda film
]
, è divenuto uno dei film preferiti dalla critica e dai festival mondiali sin dal suo lancio di successo a Karlovy Vary, e viene ora presentato al pubblico internazionale.

L’ascesa meteorica alla fama è un premio meritato per il regista Joachim Trier, golden boy del ricco catalogo di filmmaker emergenti norvegesi, che propone un’opera prima originalissima, ambiziosa e divertente nella quale il complesso contenuto e formato sono strettamente e ordinatamente cuciti.

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Con il suo film, che parla di amicizia e creatività scritto insieme all’amico intimo Eskil Vogt, Trier non ha problemi ad affermare la sua identità e la sua voce, totalmente indipendente da quella del famoso cugino alla lontana Lars von Trier. Reprise ha un concept molto inventivo, all’interno di una storia piuttosto convenzionale: la ricerca di riconoscimento personale, auto-realizzazione della generazione di ventenni, in particolare dei viziati figli della classe media che cercano di far vivere i loro sogni di creatività.

Il film narra la storia di Erik e Phillip, ottimi amici e aspiranti romanzieri. Phillip, il primo ad essere pubblicato, è anche il più vulnerabile, cerca costantemente il supporto morale di Erik e prende ispirazione artistica dalla sua ossessiva relazione con Kari. Erik, che all’inizio sembra più stabile e positivo, ottiene ciò che vuole: essere pubblicato e incontrare il suo eroe, il romanziere di fantasia Sven Egil Dahl.

Man mano che la storia va avanti, però, Erik perde la sua leggerezza iniziale per abbracciare una maggiore profondità. Nello stesso tempo, il suo quartetto di amici con i quali condivide l'amore per il punk e la sua immaturità emotiva, comincia pian piano ad affermarsi nella vita lavorativa... davvero?

Proprio come la figura retorica che offre l'enigmatico titolo al romanzo di Erik, "Prosopopeia" (in greco "personificazione"), i personaggi del film sono "in fieri", marionette taletuose nelle talentuose mani di Trier, che usa di proposito un mix di immagini ben montate — footage d'archivio, fotomontaggi, freeze frame, flashback e flash-forward — per creare un effetto giocoso.

La freschezza e l'estremo senso di libertà del film viene anche dall'impressionante cast — in maggior parte non professionisti — ed il particolare lo studente di medicina Anders Danielsen Lie, che interpreta Phillip, il copywriter pubblicitario Espen Klouman Høiner (già apparso in Bare Bea di Petter Næss), nel ruolo di Erik, e Viktoria Winge (aka Kari) una delle pochissime attrici professioniste della pellicola.

Trier, che gioca con le idee ed il linguaggio cinematografico, fa grande uso di riferimenti eclettici, cinematografici, letterari e musicali, da Francois Truffaut, Nick Roeg, Heidegger o Nietzsche fino a band come i Joy Division di Manchester e Le Tigre di New York, che accrescono ulteriormente il senso di patchwork e frammentazione del film.

Luminoso e oscuro, malinconico e divertente, autoreferenziale e universale, il film è questo ma anche di più, un miscuglio di suggestioni per un'opera prima realizzata ad arte daTrier, la cui opera seconda è attesa ora con ansia.

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