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Konstantin Bojanov • Regista

“Volevo che il film avesse una certa leggerezza”

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- Un giovane regista bulgaro notato alla Settimana della Critica cannense e vincitore del premio Cineuropa a Sarajevo con Avé, un'opera prima girata con difficoltà.

Konstantin Bojanov, alla sua opera prima, afferma di non amare l’effervescenza di Cannes, dove ha presentato in anteprima Avé [+leggi anche:
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intervista: Konstantin Bojanov
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(nel corso della SIC). Preferisce piuttosto la calma e la convivialità di un festival come quello di Sarajevo che quest’anno gli restituisce il favore, conferendo ad Avé sia il premio speciale della Giuria, presieduta da Ari Folman, sia il premio Cineuropa, in occasione del quale abbiamo incontrato un regista finalmente appagato, dopo una lavorazione difficile sul piano umano…

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Cineuropa: Il film è una coproduzione tra Francia e Bulgaria. Come è nata questa collaborazione?
Konstantin Bojanov: In realtà Geoffroy Grison,coproduttore francese del film, è stata la prima persona a credere in questo progetto, quando Avé era solo una sinossi di due pagine. L’abbiamo incontrato a Cannes con il coproduttore bulgaro Dimitar Gochev e da allora tutti e tre abbiamo lavorato molto attivamente alla stesura della sceneggiatura. Il legame con la Francia è dovuto a questo impegno artistico: dal punto di vista economico, infatti, Avé ha ricevuto tutti i finanziamenti dalla Bulgaria.

Il film è ambientato in Bulgaria, ma la storia raccontata avrebbe potuto svolgersi ovunque. Era importante per lei collocare il film in una dimensione umana indipendente dalla situazione geografica?
Era l’aspetto più importante per me. Volevo una storia che parlasse un linguaggio universale, come nei romanzi di William Faulkner, che raccontano storie che si svolgono in paesini dimenticati nel sud degli Stati Uniti, ma in cui è molto facile identificarsi con i personaggi dal punto di vista umano.

Il film ha un tono umoristico che contrasta con le situazioni drammatiche raccontate. Ha adottato questa strategia per paura di cadere in una certa forma di dramma sociale che ritiene troppo pesante?
Non so perchè, ma ho la tendenza a tornare sempre alla commedia.È come un’ossessione per me. Volevo che il film avesse una certa leggerezza e quindi ho creato in modo deliberato degli elementi comici. Sono lieto che questo tono riesca a condurre lo spettatore attraverso gli eventi più drammatici del film, perchè al momento della lavorazione l’atmosfera era molto tesa tra gli attori e per molto tempo ho pensato che questo si sarebbe poi visto sullo schermo. Per fortuna, non è stato così.

Gli attori non andavano d’accordo sul piano personale?
No. È stato un vero e proprio inferno. Non si è creata nessuna alchimia tra loro. Sapevo che senza un buon cast, non avrei realizzato il film, perché Avé si basa davvero sul rapporto tra i suoi due attori. Ho passato un anno a cercare un’attrice per interpretare Avé, facendo più di 700 audizioni. Due settimane prima dell’inizio della lavorazione, Angela Nediakova ha fatto un provino per un piccolo ruolo di tossicodipendente e le ho proposto il ruolo principale, nonostante la sua totale mancanza di esperienza. Ha rifiutato e poi è sparita. L’abbiamo cercata dappertutto, finchè non l’abbiamo trovata in un caffè e l’abbiamo convinta ad accettare. Il primo giorno della lavorazione, non si è presentata sul set. Vi risparmio i dettagli, ma questo atteggiamento non è affatto piaciuto a Ovanes Torosian, suo partner nel film, che è molto introverso e tra l’altro molto difficile da dirigere. Dal punto di vista della direzione, Angela si è poi rivelata molto concentrata sul suo ruolo e abbiamo stabilito una relazione di fiducia che le ha consentito una splendida onestà interpretativa, anche nelle scene più difficili.

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