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Samuel Tilman • Regista

Une part d’ombre è un thriller psicologico sul beneficio del dubbio”

di 

- Abbiamo intervistato il belga Samuel Tilman, che presenta al Festival internazionale del cinema francofono di Namur il suo primo lungometraggio, Une part d’ombre

Samuel Tilman  • Regista
(© FIFF)

Une part d’ombre [+leggi anche:
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racconta la storia di David, professore e padre di famiglia, che va in vacanza insieme agli amici. Al suo rientro, è sospettato di un omicidio commesso nel luogo in cui si trovava. Man mano che il film procede, vediamo come i sospetti su David si diffondono tra la sua famiglia e gli amici più cari. Thriller psicologico di gruppo, questo film presentato al Festival internazionale del cinema francofono di Namur è il primo lungometraggio di Samuel Tilman, che ha ricevuto il Premio Magritte per il Miglior cortometraggio per il suo secondo corto, Nuit Blanche, e ha anche firmato Le Dernier Gaulois [+leggi anche:
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, film documentario di ampio respiro trasmesso sul canale France 2 lo scorso anno.

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Cineuropa: Da dove è venuta l’idea per il film?
Samuel Tilman:
L’idea iniziale viene da un innocuo aneddoto. Mentre correvo in una zona tranquilla, ho incrociato a una fermata dell’autobus un ragazzo che mi somigliava in maniera sorprendente. Mi sono detto che se lui avesse commesso un delitto avrebbero potuto sospettare di me al posto suo, e così ho iniziato a costruire degli alibi per sicurezza! Quando si scrive un film, c’è prima una scintilla che crea il desiderio di raccontare una storia, spesso aneddotica, ma dietro c’è un tema forte che è alla base dell’aneddoto. Volevo fare un film sul sospetto e il dubbio, che si trasforma in thriller psicologico.

Sono stato sempre affascinato dalla questione del sospetto e dal modo che abbiamo di guardare gli altri. Volevo raccontare questa storia: come cambia l’opinione dei propri cari se si viene sospettati di omicidio, e come reagisce a questo la persona accusata? Tutto quello che fa viene letto come colpa o discolpa. Abbiamo tutti più facce e nascondiamo tutti un lato oscuro. L’indagine in seguito al sospetto di omicidio farà scoprire il lato oscuro di David, che alla fine non ha niente a che vedere con l’omicidio. Ma se ha mentito al riguardo, avrebbe benissimo potuto mentire anche sull’omicidio, no?

I fatti di cronaca mi affascinano. Il mio film vuole mostrare che quando non si hanno prove oggettive per giudicare qualcuno, ci sono sempre dei fattori morali che fanno in modo che si crei empatia o meno. Anch'io avrei potuto mentire, mi sarebbe potuto succedere… Per tutto il film lo spettatore, in base all’empatia che crea con il personaggio principale, lo riterrà colpevole o meno. Alla fine, è anche un film sul beneficio del dubbio.

È ancora una sfida, al giorno d’oggi, fare un film di genere in Belgio?
Il panorama cinematografico belga è sempre più vario. Sono sempre stato attratto dalla commedia, del resto ho fatto una sorta di dramma per il mio primo corto, ma non mi sentivo pronto a fare una commedia per il mio primo lungometraggio. Preferivo il genere thriller, ma si tratta di un thriller psicologico in tutto e per tutto, all’altezza dei personaggi. È più alla maniera europea che a quella asiatica, questo è certo! È un genere molto utilizzato nell’ambiente francofono, specialmente in Belgio.

È un film di gruppo, trovare il cast è stato impegnativo?
In effetti, ho voluto un cast belga al 100%, poiché credo che in Belgio ci siano degli attori eccezionali sulla trentina, la quarantina. Non volevo un cast ibrido franco-belga, che avrebbe compromesso l’identificazione. Volevo parlare del mio mondo, e il mio mondo è in Belgio. Con Fabrizio Rongione ci conosciamo fin dai nostri esordi. Abbiamo una fiducia reciproca assoluta. Mi serviva qualcuno che potesse entrare completamente nel personaggio, perché l’opinione del pubblico su di lui dipende da ciò che lui fa. Fabrizio ha questa capacità di passare dalla tragedia alla leggerezza. Poi volevo creare delle coppie in contrasto. Filmare un gruppo di attori è stata la sfida più grande per me, non avevo per niente esperienza ed è stato necessario lavorare per creare questa complicità, e poi per trasmetterla.

Il film è belga per quanto riguarda il cast e la maggior parte dei luoghi dove si svolgono le riprese, ma una parte ampia si svolge in montagna.
Mi piace il lato minaccioso dei paesaggi di montagna, non importa quanto siano idilliaci. Da qui le inquadrature molto ampie, in cui David è oppresso dall’ambiente, e le inquadrature molto strette, che ci permettono di entrare nella sua intimità. Volevo creare questa oscillazione tra le inquandrature in primo piano e quelle molto larghe. Avevo già utilizzato questa tecnica nel mio corto Nuit Blanche, e qui l’ho potuta affinare, integrandola nella dinamica del thriller.

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(Tradotto dal francese da Giulia Gugliotta)

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