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Ricky Rijneke • Regista

"Quello che conta è lo stato d'animo"

di 

- La 32enne regista olandese ha presentato in anteprima internazionale al Festival del cinema europeo di Lecce il suo primo lungometraggio, Silent Ones, selezionato in concorso

Dopo la prima mondiale in concorso a Rotterdam, la 32enne regista olandese Ricky Rijneke ha presentato in anteprima internazionale al Festival del cinema europeo di Lecce il suo primo lungometraggio, Silent Ones [+leggi anche:
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scheda film
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, prodotto da Rotterdam Films. Un'opera ipnotica e introspettiva che racconta un viaggio emotivo e che dà ampio spazio a suoni, luci e sensazioni.

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Cineuropa: Chi è Csilla, la protagonista del suo film?
Ricky Rijneke: Csilla è una donna dell'Est che si risveglia da un incidente d'auto e non trova più suo fratello piccolo, Isti. Confusa, sale a bordo di una nave mercantile diretta in Europa occidentale per realizzare il sogno di suo fratello. Il film nasce da immagini, atmosfere e un certo stato psicologico del personaggio principale. Lo stato d'animo è la cosa che conta di più nel mio cinema.

Csilla e Isti sono i "silenti", i "silent ones" del titolo. Perché ha scelto di non dare alcuna informazione sul loro passato?
Sono due outsiders, non appartengono a nessun posto. Credo non fosse rilevante raccontare chi sono e che sia stimolante fare un film in cui non tutte le domande trovano una risposta. Lascio spazio al pubblico, che è libero di interpretare e pensare da sé quali possano essere le motivazioni dei personaggi.

Fa un largo utilizzo della voce off, i dialoghi sono ridotti al minimo. Si può dire che lo spettatore sia testimone di una sorta di stream of consciousness, che entri nel flusso di pensieri della protagonista?
Ho concepito il film come un poema, entriamo nella mente della protagonista, sentiamo quello che lei sente. I paesaggi, compreso quello interiore, giocano un ruolo fondamentale nel film e nella vita dei personaggi.

Il suo film ha due location: una nave e un'enorme distesa di terra prospiciente un bosco. Dove sono state realizzate le riprese?
Ho girato in Olanda. La nave era una vecchia imbarcazione abbandonata nel porto di Rotterdam, tutto era rimasto al suo posto. Il senso di claustrofobia, il freddo e il cattivo odore erano reali. Ho trovato interessante mostrare l'elaborazione di un lutto in un'atmosfera dark. La nave è concepita come una prigione galleggiante, ma anche come una strada verso il futuro. I paesaggi sono al confine con il Belgio e trasmettono un senso di alienazione.

Come ha scelto l'attrice protagonista, l'ungherese Orsi Toth?
L'ho conosciuta a Locarno, l'avevo vista in tanti film. L'ho scelta perché è in grado di rappresentare le emozioni anche senza parlare. Ho studiato il suo modo di agire e il suo fisico, e su questa base ho modificato alcune parti della sceneggiatura per adattarle a lei.

Il film ha un finale aperto. Come lo si può interpretare?
Ciascuno lo vede a modo suo. C'è chi interpreta la fine del film come se il bambino non fosse mai esistito, come una metafora dell'infanzia perduta. Altri, in modo più realistico, pensano che il bambino si alzi e vada a cercare aiuto.

E' stato difficile finanziare il film?
Non particolarmente, anche perché è un film low budget, ed è stato realizzato in collaborazione con l'Ungheria. Ho lavorato con gente da tutta Europa, il direttore della fotografia è ungherese, il compositore delle musiche russo. Molte nazionalità hanno lavorato al film, polacchi, cechi, belgi. Una bella collaborazione europea.

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