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Fredrik Edfeldt • Regista

“Un film per adulti che parla di bambini”

di 

- Incontro con un regista di 37 anni appassionato di atmosfere visive, che trae ispirazione dal miscuglio tra realismo sociale e poesia cinematografica

Nato nel 1972 vicino Stoccolma, Fredrik Edfeldt ha studiato Teoria Cinematografica e Comunicazione di Massa alla Stockholm University e regia alla Film School di Stoccolma. Successivamente ha lavorato per il canale televisivo pubblico SVT e collabora attualmente con una delle compagnie svedesi più creative e di successo, la ACNE, entrata nella produzione cinematografica con il suo debutto The Girl [+leggi anche:
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Il film è stato presentato in anteprima mondiale alla Berlinale 2009, dove ha ottenuto una Menzione Speciale nella sezione Generation 14+. Le vendite sono affidate a Delphis Films.

Cineuropa: Perché ha deciso di debuttare con questo progetto?
Fredrik Edfeldt: Lo script di Karin Arrhenius era veramente buono, con grandi qualità visive e d’atmosfera, che mi attraggono molto nel fare cinema. Sembra quasi scritto sulla base di una esperienza intima, molto soggettiva e personale. Tutto sembra molto vero. Il mondo creato da Karin intorno alla storia era speciale, vivo, e lavorare al film mi ha soddisfatto profondamente.

Ha lavorato con un direttore della fotografia esperto come Hoyte van Hoytema, che ha fatto un ottimo lavoro con Lasciami entrare [+leggi anche:
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. Era importante che il suo debutto fosse accompagnato da uno sguardo esperto?

Naturalmente, ma mi considero anch’io una specie di esperto: ho diretto film in diversi formati per anni. Hoyte è un direttore della fotografia sensibile e geniale, che ha condiviso e sviluppato la mia visione del film.

The Girl è un film per bambini o un film per adulti sui bambini?
Quando fai un film vuoi solo fare del tuo meglio, e non ho pensato a chi l’avrebbe visto alla fine. Ora che è concluso lo vedo più come un film per adulti che parla di bambini. Ma sono felicissimo se i giovani lo vedono e lo apprezzano, dopo tutto ho provato a dire qualcosa sull’essere bambini.

È stato difficile guardare al mondo degli adulti da una prospettiva infantile?
No, in qualche modo era naturale per me guardare dalla prospettiva di un bambino e usarla per oggettivare gli adulti. E poi penso che per essere un buon artisti si debba mantenere vivo e presente il bambino in noi.

Vedendo il suo film è difficile non pensare a Pippi Calzelunghe, oltre che per la somiglianza fisica, per la libertà che la sua protagonista, che ha 10 anni, ha quando viene lasciata qualche giorno senza la supervisione degli adulti. Era intenzionale?
No, non lo era, ma i romanzi di Astrid Lindgren sono parte della cultura svedese ed è difficile non esserne influenzati, anche se in maniera inconscia. Ma penso anche che il tema del bambino lasciato da solo venga da lontano e sia molto noto sia nella letteratura che al cinema.

Qual è stata la sfida maggiore del film, dirigere i bambini o trovare il giusto tono emotivo?
Trovare il giusto tono emotivo direi. Dirigere i bambini è facile e difficile insieme, quando fai la cosa giusta ottieni moltissimo e quando sono bravi lo sono veramente. Hanno una presenza naturale che fa risplendere le loro performance.

The Girl ricorda l’autenticità del realismo sociale britannico di Ken Loach, Lynn Ramsay, Shane Meadows. L’hanno influenzata?
Sì, amo l’autenticità ed il realismo sociale dei loro film, e come vengono combinati con uno stile poetico e cinematografico.

Ha vinto un premio a Berlino, e ora è nella Variety’s Critics Choice. Cosa significa questo per lei?
Mi rende felice. E ha un grande significato il fatto che qualcuno veda e riconosca il lavoro che fai. Mi rende più forte e mi dà la fiducia artistica per affrontare le sfide del secondo film.

Qual è il suo prossimo progetto cinematografico?
Sarà probabilmente un film tratto dal nuovo script originale di Karin Arrhenius. È una storia molto intensa e ambientata anch’essa in un mondo molto speciale.

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