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Isabel Coixet • Regista

"Mi interessa il cinema come avventura e apprendistato"

di 

- L'autrice di La vita segreta delle parole (4 Goya nel 2006), Elegy e Map of the Sounds of Tokyo presenta alla Berlinale Yesterday Never Ends, il suo film più amaro, critico e audace.

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Isabel Coixet: In verità, sì. Sono una persona che si adatta: posso girare un film con una super squadra o con una ridotta, dove ci conosciamo tutti, perché abbiamo già lavorato insieme e di molte cose abbiamo già parlato, quindi sappiamo come funzioniamo. Volevo inoltre incidere sul lavoro interpretativo di due attori (Candela Peña e Javier Cámara): questo mi piaceva molto. Ma ho appena terminato le riprese di un film - il thriller Panda eyes - che è tutto il contrario, e sto per cominciarne un altro, ambientato al Polo Nord, che non ha niente a che vedere. Il cinema, concepito come avventura e apprendistato: questo mi interessa.

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E’ per questo che ha autoprodotto il film, per essere totalmente libera?
Sì, ho finanziato le riprese del film attraverso la mia casa di produzione Miss Wasabi. La società coproduttrice, A Contracorriente Films, si sta occupando di una parte importante che i registi a volte dimenticano: la distribuzione, l’esercizio e la promozione. Io mi perdo in questo mondo di finanziamenti, banche e sovvenzioni. Per il tipo di film che è e per ciò che racconta, sarebbe stato contraddittorio avere una megaproduzione e sovvenzioni: non le abbiamo chieste.

Ha provato molto con gli unici due attori?
Sì, ed è diventato uno psicodramma, in cui ognuno difendeva i personaggi dal suo mondo e punto di vista. Abbiamo discusso su momenti chiave della pellicola in cui si dicono cose fondamentali che sono basiche: quello che pensano della vita, del dolore, del controllo della sofferenza... Le riprese sono consistite in una maratona durata quasi tre settimane.

Crede che questo sia il suo film più sperimentale e di critica sociale?
Non volevo smettere di riflettere su quello che stiamo vivendo. Candela dice: "Siamo a Gotham City e ogni giorno ci alziamo con una notizia peggiore, sperando che qualcuno ci salvi, magari Batman". Quello che succede è talmente terribile che solo una forza superiore potrebbe cambiare le cose: una specie di uragano, di rigenerazione morale che ci faccesse uscire da questo pantano. Non ho alcuna tesi, posso solo offrire la mia perplessità e quella di molta gente che si identificherà: siamo come zombie, ad aspettare chi sarà il prossimo.

C’è un’altra frase tremenda del personaggio di Candela: "Non so più che cosa è normale".
Se dieci anni fa ci avessero annunciato quello che sta succedendo, avremmo pensato che non era possibile. Tutto può succedere. Neanche io so che cosa è normale.

Un’altra cosa che Candela denuncia di questa crisi è la perdita dei sogni e dell’illusione.
Sì, siamo come immersi in una nebbia molto fitta e non ci rendiamo conto che se saltassimo un poco, se ci mettessimo in punta di piedi, un orizzonte ci sarebbe. Bene, abbiamo meno soldi e tutto va male, però vediamo come possiamo girare la testa e andare da un’altra parte; eppure continuiamo a nuotare nell’oscurità e nella nebbia. Io per prima.

Il film pone anche il dilemma della crisi: rimanere in Spagna o andarsene.
E’ una scelta. C’è gente che può andar via, che è preparata a farlo e non le costa nulla, e altra che si crea un mondo. Conosco una persona, che veniva a scuola con me e lavorava in una casa editrice, che ha vissuto tre mesi nella sua auto. Non è una realtà parallela, ci siamo dentro. Conosco anche gente che si sta mobilitando con piccole azioni, e la solidarietà sta venendo fuori; gente che prende coscienza di quello che succede e si chiede come può cambiarlo.

A proposito di cambiare le cose, a Berlino parteciperà anche a una riunione di registe donne.
Sì, della EWA: associazione di donne dell’audiovisivo europeo. Sono la presidentessa onoraria, o qualcosa del genere, e parleremo di cosa possiamo fare, della visibilità e di tutto quello cui tocca a noi donne parlare, altrimenti nessuno lo fa.

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