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Borys Lankosz • Regista

"Tirar fuori i demoni è il primo passo per liberarsene"

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- Il regista polacco Borys Lankosz parla di A Grain of Truth e del potere segreto del cinema di genere sull’evolversi delle mentalità

Borys Lankosz  • Regista

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(candidato nel suo paese all’Oscar 2010 come miglior film in lingua straniera), Borys Lankosz viene considerato in Polonia come un regista che colma una carenza del cinema di genere. È appena uscito A Grain of Truth [+leggi anche:
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tratto dal best seller di Zygmunt Miloszewski, e oggi cominciano le riprese dell’adattamento di un altro successo letterario: Dark, Almost Night di Joanna Bator.

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Cineuropa: I film di genere mancano nella cinematografia polacca. Cimentandosi in A Grain of Truth, ha pensato all’influenza di questa tendenza sulla produzione nazionale?
Borys Lankosz: I registi polacchi sono sempre immersi in un paradigma romantico. Gli studenti di cinema hanno una forte propensione per la poesia, meno per il savoir-faire. In quanto esperto del Polish Film Institute, posso affermare che la capacità di costruire una storia appassionante e dotata di una buona struttura è merce rara.  

Cosa ha trovato nel romanzo di Zygmunt Miloszewski che le ha ispirato il film?
Leggendolo, mi sono subito reso conto che conteneva tutto quello di cui avevo bisogno: avrei potuto realizzare il film che avevo in mente e che, in quanto spettatore, ho sempre amato. Tutti i miei più grandi maestri sono registi del cinema di genere. 

In The Reverse, ha tradito il genere a favore della forma. A Grain of Truth sembra rispettare maggiormente le regole del thriller.
Questo è vero, ma come in The Reverse, la tensione nata dalla narrazione è talvolta attenuata dalla risata. Mi piace molto poter mescolare paura e divertimento. Questo mix, già molto presente in The Reverse, si percepisce ancora meglio attraverso i dialoghi di A Grain of Truth. Mi piace quando gli spettatori cercano sollievo dalla tensione con una risata: è il momento migliore per colpire ancora più forte.  

Il thriller e la commedia trasmettono spesso una forma velata di critica sociale. È il caso del suo film. Quali erano le sue intenzioni?
La prima condizione per me è che ci sia una buona storia e che venga raccontata bene. Ma se avessi avuto solo questo, non avrei mai deciso di farci un film. In letteratura, si osserva un fenomeno sempre più evidente: il romanzo poliziesco inizia a giocare il ruolo di romanzo del buon costume. Per me, lo sfondo sociale è molto importante ed è anche il motivo principale che mi ha convinto a girare il film. Sono profondamente disgustato all’idea che, stando a quanto dicono le statistiche, un polacco su cinque continui a credere alla superstizione secondo cui gli ebrei uccidano i bambini poiché il loro sangue sarebbe necessario per la fabbricazione dei “matzot” (ndr: il pane di Pesach). A dirla tutta, non è che ci credano davvero, ma ci vedono un fondo di verità. Orientandomi verso un genere popolare, ho trovato che il thriller fosse uno strumento perfetto per dimostrare alla massa che è un’enorme stupidaggine, un’oltraggiosa bugia. Questo film esprime soprattutto il mio punto di vista e quello di Miloszewski riguardo all’antisemitismo polacco. 

Il tema dell’antisemitismo è ad oggi molto presente nel cinema polacco, in particolare in Aftermath [+leggi anche:
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Penso che A Grain of Truth agisca diversamente. La mia idea è che il thriller permetta di operare a livello subconscio. Lo spettatore si lascia trasportare dalla storia, ma ciò che conta davvero arriva direttamente nel suo subconscio, dove agisce in profondità. In tutti i miei film, come nel prossimo che sarà un adattamento del romanzo di Joanna Bator, mi occupo di questioni nascoste, che si celano nel subconscio comune. In questi termini, il film può avere un ruolo terapeutico: tirar fuori i demoni è il primo passo per liberarsene.

A Grain of Truth è il primo vero film che vede Lukasz Bielan, cameraman polacco famoso a Hollywood, come direttore della fotografia.
Secondo me, è uno dei migliori al mondo. Prima di lavorare come professionista, era il braccio destro del dio dei direttori della fotografia: Sven Nykvist. Credo più nell’apprendimento basato sulla relazione maestro - alunno che nelle scuole di cinema.

Questo film è anche la prima produzione del nuovo Studio Rewers che ha fondato con Anna Drozd. Qual è la linea editoriale della struttura?
Non vogliamo produrre solo film miei, ma vorremmo seguire l’esempio del famoso Studio Filmowe Kadr concentrandoci sui primi e secondi lungometraggi di giovani registi. Stiamo attualmente girando le riprese del nuovo film di Bartek Konopka, una biografia di Tadeusz Kantor.

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(Tradotto dal francese)

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