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Duccio Chiarini • Regista

"Volevo un film divertente con atmosfere svedesi"

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- Il giovane regista fiorentino Duccio Chiarini ci ha parlato del percorso produttivo di Short Skin e della sua storia di formazione di un adolescente insicuro alle prese con un problema fisico

Duccio Chiarini  • Regista

Esordio nel lungometraggio di fiction del regista italiano Duccio ChiariniShort Skin [+leggi anche:
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è stato realizzato nell'ambito di Biennale College – Cinema di Venezia. Un budget di soli 150.000 dollari per quattro settimane di riprese e un cast di giovani attori, tra cui il giovane rapper Matteo Creatini nel ruolo di protagonista, Short Skin è stato presentato alla Mostra di Venezia nel 2014, e quindi alla Berlinale 2015, nella sezione Generation.   Il film uscirà nelle sale italiane il prossimo 23 aprile  distribuito da Good Films, per poi affrontare una distribuzione internazionale: ad oggi è stato venduto dalla tedesca Films Boutique in Francia, Regno Unito, Norvegia, Australia e Hong Kong. Il giovane regista fiorentino, con una lunga produzione di corti e documentari nel suo curriculum ci ha parlato del percorso produttivo del film e della sua storia di formazione di un adolescente insicuro alle prese con un problema fisico.

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Cineuropa: Puoi raccontarci la genesi del film?
Duccio Chiarini: L’idea nasce per caso: stavo realizzando un altro film, ma avevo qualche difficoltà, e nel frattempo cercavo un’idea di storia da raccontare con pochi mezzi, ma tanto cuore ed emozione. Avevo letto un fumetto di Gipi intitolato 'La mia vita disegnata male', in cui c’era una visita da un andrologo che mi aveva riportato alla mente una mia analoga esperienza; allora ho scritto il soggetto di getto, l’ho fatto leggere alla co-sceneggiatrice Ottavia Maddeddu, lei è rimasta entusiasta e abbiamo continuato a lavorarci. Ho poi fatto la domanda per partecipare a Biennale College, e loro hanno accettato. In questo film tutto è andato insolitamente liscio: dalla prima stesura del soggetto, fino al DCP finale portato a Venezia, è passato poco più di un anno.

Alla fine del film si legge una dedica: alla mia famiglia”. Quanto ha pesato il tema della famiglia, all’interno di un film in cui apparentemente il protagonista è solo Matteo?
L’idea era quella di raccontare il mondo di un adolescente che era circondato. Nella mia vita c’è sempre stata molta famiglia, forse troppa: spesso sembriamo quasi un kibbutz, facciamo tutto insieme. Nel film c’è il confronto continuo tra il ragazzo e l’ambiente circostante, tra le sue insicurezze e quelle che sembrano le sicurezze esterne: loro lo fanno sentire sempre sotto pressione, è un mondo adulto che ha una facciata apparentemente molto forte.

Il film è visivamente molto forte, le inquadrature sono curate. Come è entrato nel progetto il direttore della fotografia turco Baris Ozbicer?
Inizialmente non lo conoscevo, ma poi siamo diventati amici. Avevo adorato un suo film, Bal [+leggi anche:
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 (Honey) che aveva vinto l’Orso d’Oro a Berlino, e ho apprezzato anche il successivo Majority. Io ho sempre lavorato con direttori della fotografia stranieri: non capendo i dialoghi, questi hanno spesso uno sguardo preferenziale sulla realtà. Qui volevamo far passare l’idea che si potesse fare un film divertente che avesse anche le amarezze e l’aria rarefatta di certi film svedesi.

E le musiche, come le hai scelte?
Inizialmente la storia era stata scritta per essere ambientata negli anni ’90; e proprio per questo volevo ci fossero le musiche di un gruppo che amavo molto di quel periodo, i Grant Lee Buffalo. Poi, però, abbiamo pensato di aprirci al contemporaneo, nonostante ci sia rimasta quella voglia di sonorità particolari, quelle atmosfere che ricordavano molto da vicino la mia adolescenza. In seguito mi hanno fatto ascoltare la musica di Mark Andrew Hamilton e della sua band, i Woodpigeon: così lui ha iniziato a mandarmi periodicamente pezzi che davano qualcosa in più, amplificando le sensazioni del film.

Qual è il tuo prossimo progetto?
Si tratta del film che volevo fare prima di questo, su cui ora tornerò a lavorare. Avevo iniziato a scrivere la sceneggiatura con Roan Johnson, Davide Lantieri e Marco Pettenello, ora lo sto riscrivendo io. Sarà una storia d’amore, che racconterà la confusione e lo smarrimento di due trentenni che si lasciano, vista dal punto di vista di lui.

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