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Anka e Wilhelm Sasnal • Registi

"Ignorante è la parola giusta per descrivere una buona parte della nostra società"

di 

- Cineuropa ha incontrato la coppia di registi polacchi Anka e Wilhelm Sasnal a Crossing Europe, dove sono stati omaggiati e hanno presentato il loro ultimo film

Anka e Wilhelm Sasnal  • Registi
(© Paweł Przywara)

Il duo di registi composto da Anka e Wilhelm Sasnal, marito e moglie, è stato al centro dell’attenzione quest’anno a Crossing Europe, dove i due hanno ricevuto un tributo e sono stati omaggiati con una vasta retrospettiva dedicata alla loro filmografia. Al festival, la coppia ha anche presentato il suo ultimo lungometraggio, The Sun, the Sun Blinded Me [+leggi anche:
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, ispirato allo Straniero di Albert Camus e alla fiaba di Hans Christian Andersen L’ombra. In un’intervista rilasciata a Cineuropa, i due cineasti hanno ripercorso la loro carriera e descritto le dinamiche del loro lavoro, per poi parlare dell’influenza che la politica polacca di destra ha avuto sul loro ultimo film, nel quale un personaggio di indole passiva arriva a commettere un crimine gratuito e imperdonabile ai danni di un migrante.

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Cineuropa: Siete entrambi registi ancora giovani. Che effetto vi ha fatto ricevere un tributo a un festival così importante?
Wilhelm Sasnal: Certamente è una bella sensazione! Ma, onestamente, è stato bello soprattutto aver avuto l’occasione di mostrare il film al pubblico, e credo fossimo soprattutto contenti di questo, più che del tributo. Cosa significa, in fondo, un “tributo”?

Anka Sasnal:
È abbastanza sorprendente, perché in Polonia le persone del nostro settore non vengono molto omaggiate, succede più spesso con gli artisti. Quindi è davvero bello. Per me è stato interessante rivedere il nostro film precedente, It Looks Pretty from a Distance, non lo vedevo da anni e mi ha fatto uno strano effetto. Con il senno di poi, ho pensato che dovremmo rifarlo e cambiare l’ultima scena!

W.S.:
Assistendo alla proiezione dei corti, ci siamo rivisti apparire assieme ai nostri figli, come in una sorta di diario privato. Non sono riuscito a guardare con occhi diversi se non quelli di marito e padre, tanto che mi sono commosso.

Questo è il terzo film che dirigete in coppia: il vostro è sempre un rapporto professionale armonioso? Avete trovato una dinamica di lavoro efficace, provenendo da campi artistici diversi?
W.S.: Non enfatizziamo aspetti visivi o testuali precisi. Ma quello della realizzazione di una pellicola non è un periodo facile per noi in quanto coppia, perché spesso non possiamo venire fuori con molte idee per il montaggio o le riprese sul set. A volte ci si vuole imporre con idee e maniere diverse di realizzare il film.

A.S.: Ma cerchiamo di condividere questa responsabilità. Costruiamo insieme una storia, sebbene sia io a gestire maggiormente l’aspetto della scrittura e lo sviluppo della sceneggiatura…

W.S.: E a me sta bene, mi piace questo modo di lavorare. Tuttavia, credo che il problema sia che quanto più si avanza con un progetto, tanto più diventa difficile collaborare. Molto spesso, allo stadio finale del lavoro e in fase di montaggio, sorgono numerose discussioni!

A.S.:
Specialmente perché il montaggio è un processo che richiede tempo. Per esempio, con Parasite [+leggi anche:
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è durato un anno. Un anno che per noi è stato molto duro. 

W.S.:
Mi sento sollevato quando un film viene concluso, perché, in un certo senso, scompare il peso della realizzazione e davanti a noi si profila uno scenario aperto, a partire dal quale cominciare un nuovo progetto. Un altro problema di chi è una coppia sul lavoro e nella vita è che si trasferiscono le emozioni dalla sfera professionale a quella privata. Ai nostri bambini non piace quando iniziamo a lavorare. 

A.S.:
Ma stiamo comunque per fare un altro film!

Che impatto hanno avuto sul film l’attuale situazione politica in Polonia, con la destra al potere, e l’ascesa del partito Diritto e Giustizia?
W.S.: Non si può restare indifferenti. Non credo che i nostri film possano provocare un cambiamento, ma sono comunque utili per liberarsi delle emozioni negative che proviamo. Questa negatività è ciò che ci guida, rappresenta un aspetto cruciale del nostro lavoro.

A.S.:
Ci aspettavamo che questo film stimolasse una discussione non soltanto in merito al prodotto cinematografico, ma anche rispetto ai problemi della nostra generazione, al nostro egocentrismo e alla situazione nella sua interezza, ma tutto ciò non è accaduto. Ci sono stati dei confronti molto interessanti, ma non in Polonia. In Svizzera, per esempio, a Locarno, abbiamo assistito ad alcuni dibattiti utili, ma in Polonia la gente non è interessata a queste questioni. Non si fermano per pensarci.

W.S.:
“Ignoranza” è una parola che finora non abbiamo usato, ma credo che in qualche modo l’ignoranza sia uguale alla stupidità. Penso che sia la parola giusta per descrivere una buona parte della nostra società. La gente è ignorante, e si scaglia contro chi si sforza di essere solidale, etichettandolo come ingenuo. Quando eravamo adolescenti noi, perlomeno in Polonia, era una vergogna ammettere di essere nazionalisti. Forse fa parte della cultura. Gli skinhead erano poco considerati e non avevano potere: essere nazionalisti non era di moda. Oggi, invece, molti studenti indossano magliette con su scritte del tipo “orgoglio bianco” e altre cose del genere. È questo che ci rende così scettici rispetto al futuro.

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(Tradotto dall'inglese)

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