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Michele Placido • Regista

"Un film politico pieno di inguaribile romanticismo"

di 

- Tratto dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo, Romanzo criminale si rivela come l'opera di Michele Placido più compiuta e più complessa sul piano stilistico

Cineuropa: Il film è nato quando la Cattleya ha acquistato i diritti del libro, convinta di poterlo adattare con successo per il grande schermo. Come si è sviluppato il progetto?
Michele Placido: Erano stati proposti vari nomi di registi italiani, come Marco Tullio Giordana e Roberto Faenza. Mi è arrivata una sceneggiatura scritta da Rulli e Petraglia e solo dopo averla letta mi sono avvicinato al libro di De Cataldo. Mi sono emozionato quando ho letto per la prima volta la sceneggiatura, a cui ho rimesso un po' mano in seguito. Ho ridotto le battute, ho reso il tutto più secco. Mi sono mosso come per altri film d’impegno civile da me diretti o interpretati, da Un eroe borghese a Mery per sempre, seguendo la lezione di quelli che mi hanno insegnato questo mestiere: Francesco Rosi, Elio Petri, Damiano Damiani, Marco Bellocchio. Vorrei che con Romanzo criminale [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Michele Placido
scheda film
]
si riaprisse un filone classico del cinema italiano. La nostra storia è disseminata di armadi pieni di scheletri che chiedono di uscire ed essere raccontati.

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Cosa l'ha colpita del romanzo?
Ho avuto subito l’impressione che si potesse fare un buon film da questo libro, perché in queste pagine si parla di fatti che hanno segnato la storia italiana degli ultimi anni, ma non solo. Si racconta anche una tragedia umana, una vicenda che tocca direttamente gli amori, gli odi e le passioni degli uomini.

Non era comunque una storia facile da adattare per il cinema, considerato il numero di personaggi e di accadimenti.
Certamente bisognava trovare lo stile giusto per raccontare queste pagine. Uno stile troppo realistico avrebbe posto l’accento sull’aspetto documentaristico e, probabilmente, non avrebbe incontrato il gusto di un pubblico abituato a stili narrativi più moderni ed efficaci. Dato che il romanzo lo permette, ho scelto un taglio in bilico fra il realismo ed una dimensione tragica che avvicina molto lo sguardo dello spettatore ai protagonisti. Soprattutto nella seconda parte, ho avvicinato i volti degli attori con primi piani costanti, per entrare nell’intimità di queste vite drammatiche. Il risultato è un film molto fisico, molto passionale, tutto focalizzato sui corpi degli attori.

Gli attori sembrano essere entrati molto nei personaggi...
Ho avuto la fortuna di poter contare su attori eccellenti. Gli interpreti hanno scelto liberamente i loro ruoli, non mi era mai capitato prima. Poi c’è stata una grande collaborazione tra noi, abbiamo discusso ogni scena. Vengono tutti da esperienze teatrali ed hanno trasmesso ai loro personaggi una certa pietas, un alone di fragilità che accarezza queste figure rendendole ancora più tragiche.

Nessun rischio di legittimare troppo delle figure criminali?
Nel film non ci sono personaggi positivi, anche se i personaggi del libro di De Cataldo hanno uno spessore epico ed umano di grande potenza. Siamo stati attenti a non fare di quei delinquenti degli eroi tout court. Ma gli attori hanno saputo tratteggiare i loro chiaroscuri esistenziali.

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