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Pernille Fischer Christensen • Regista

Esplorando l’amore

di 

- Con A Soap, vincitore dell'Orso d'Argento e del Premio al Miglior Lungometraggio d'esordio all'ultima Berlinale, Pernille è diventata un'altro nome danese da tenere d'occhio

Nata nel 1969, Pernille Fischer Christensen, si è diplomata alla National Film School di Danimarca nel 1999 con il film Indien, premiato nella sezione Cinefondation a Cannes. Nel 2002, il suo corto Habibti My Love ne ha fatto una dei filmmaker emergenti di punta.


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esce in tutto il mondo dopo la prima distribuzione di sala in Danimarca, nello scorso aprile. Com’è stato accolto in casa?

Pernille Fischer Christensen: L’accoglienza danese è stata molto variegata e controversa. Alcuni danesi hanno pensato che A Soap non fosse un film, ma parlasse di cosa è un film, di linguaggio cinematografico. Io non sono una Lars von Trier, che vuole sempre essere provocatorio, ma col mio primo lungometraggio ho cercato di guardare al fare cinema, agli uomini e alle donne in maniera diversa.

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Com’è stato collaborare con uno dei guru della sceneggiatura danese, Kim Fupz Aakeson?
Kim è dietro molti film di successo in Danimarca, e all’inizio pensavo non fosse la persona giusta per il film perché volevo fare qualcosa di molto serio. Ma poi ha scritto la sceneggiatura del film di Annette K. Olesen, In Your Hands [+leggi anche:
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, scelto in Concorso a Berlino nel 2004, e ho iniziato a pensare di poter utilizzare il suo modo di affrontare il cinema. Nel frattempo, avevo scritto un film su una prostituta e avevo incontrato un travestito per le mie ricerche. Questo incontro è stato cruciale per me: durante tutta la sua durata, non riuscivo a immaginare il suo sesso, e avevo perso la mia abilità comunicativa. Questa strana sensazione è stata travolgente. E così, quando ho incontrato Kim, sapevo che volevo fare un film sulla mia reazione nei confronti di un travestito. Perché dobbiamo conoscere il sesso di una persona per essere in grado di comunicare con lei?

Ho scelto glia attori e la location, e Kim ed io abbiamo iniziato a lavorare al trattamento. Abbiamo deciso di farne una love story. Abbiamo lavorato con gli attori, chiedendo loro di riflettere sulle persone che conoscevano, e poi abbiamo discusso i personaggi nella fase del trattamento. Poi ho buttato giù la prima bozza. Come Ken Loach, o Mike Leigh, lavoro a stretto contatto con gli attori sui loro personaggi, usando l’improvvisazione, lasciando che gli attori portino le loro storie, il loro essere umani. Li rende più veri e reali. Ho finito poi di scrivere la sceneggiatura con Kim, e abbiamo avuto due settimane di revisioni del testo prima di girare.

Il film è costato meno di 1 milione di euro, e non abbiamo avuto tempo supplementare durante le riprese, e abbiamo lavorato 8 ore al giorno per sei settimane. Il produttore era molto duro, ed è stato un bene essere preparati con gli attori. Volevo portare fuori le emozioni vere degli attori, e abbiamo quindi cercato l’essenza di ciascuna scena, scavando nelle relazioni tra i personaggi, guardando non a quello che i personaggi dicevano o facevano ma alle loro interazioni.

Come avete scelto David Dencik e Trine Dyrholm?
In effetti, non so cosa mi passasse per la testa quando ho scelto David Dencik, perché è molto mascolino nel suo lavoro di diploma che avevo visto in precedenza. Forse il modo in cui usa il corpo mi ha colpito. Perciò la prima cosa che ho fatto è stato andare a comprare con lui delle scarpe e i vestiti che indossa nel film, Trine Dyrholm invece era già nel mio film di diploma Indien. E mi piace lavorare con lei. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda ed entrambe molto curiose …

Com’è stato lavorare all’interno dello schema del New Danish Screen, con un budget così ristretto?
Non è stato così difficile. Sapevamo che quello era il nostro budget, e tutto il progetto era stato creato così. Con un film a basso costo, hai maggiore libertà per parlare senza pressioni finanziarie, legate per esempio alle co-produzioni. Puoi mostrare solidarietà maggiore nei confronti dei personaggi in quanto esseri umani, e cercare altro, una verità.

E com’è stato vincere un doppio premio a Berlino?
È stato meraviglioso, e sono tuttora felicissima di come i professionisti internazionali e il pubblico abbiano risposto al film, Sembra che questo modo diverso di ritrarre l’amore abbia toccato il cuore delle persone, perché ricevo migliaia di lettere ed e-mail da tutto il mondo. Se inizi a chiederti cos’è un uomo e cos’è una donna e cosa li attrae sessualmente dell’uno o dell’altra, cosa ti rende ciò che sei, vai a toccare qualcosa di profondo su cui di rado la gente ha la possibilità di riflettere.

Perché pensa che così tanti film danesi abbiano, in questo periodo, successo in patria e all’estero?
A maggio, ho incontrato il Ministro danese per la Cultura insieme a Peter Aalbeck Jensen di Zentropa, e Peter mi ha detto che con il New Danish Screen del Danish Film Institute sta venendo fuori una tendenza simile a quella di Dogma negli anni ‘90. E in 5, 10 anni, guarderemo a A Soap, a Princess come a degli spartiacque. Quando Lars von Trier lanciò il movimento Dogma, non sono sicura che si rendesse conto dell’impatto che avrebbe avuto. Sono sicura però del fatto che non avrei mai potuto fare il mio film senza l’esperienza Dogma alle spalle, perché hanno aperto porte nuove nella direzione degli attori.

Un’altra cosa sulla Danimarca è che ci sono molti registi, e ognuno guarda l’altro, aiuta l’altro e ruba addirittura dall’altro!

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