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Elio Germano

Shooting Star 2008 - Italia

di 

La Shooting Star italiana è anche l’attore più impegnato del momento: dopo la consacrazione di Mio fratello è figlio unico [+leggi anche:
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di Daniele Luchetti (primo David di Donatello, e nomination agli European Film Awards), Elio Germano – classe 1980 – continua a passare da un set all’altro. Il prossimo progetto è Come Dio comanda, il nuovo film di Gabriele Salvatores (che già l’aveva voluto nel precedente Quo vadis, baby?), ma intanto stanno per uscire Il mattino ha l’oro in bocca di Francesco Patierno, la commedia Tutta la vita davanti di Paolo Virzì, e Nessuna qualità agli eroi [+leggi anche:
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di Paolo Franchi, che ha fatto molto discutere all’ultima Mostra di Venezia.

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a Roma, Nessuna qualità agli eroi a Venezia: stavolta va a Berlino da Shooting Star, senza un film da accompagnare. Cosa si prova?

Elio Germano: Ai festival mi sento sempre fuori posto, anche quando accompagno un film, perché per me il lavoro d’attore è soprattutto la preparazione del personaggio, e poi l’avventura sul set: finisce con l’ultimo ciak, e non sul tappeto rosso col vestito elegante. Però stavolta è diverso, sono molto orgoglioso di essere stato scelto, e mi fa piacere l’idea di conoscere altri modi di fare cinema, e di poter lavorare insieme ad attori che sicuramente mi ricorderò di aver visto in qualche bel film europeo! In Italia se non hai più di trent’anni fatichi molto a veder affermato il tuo lavoro: io ho cominciato molto presto (nel 1998 è già protagonista de Il cielo in una stanza, ndr), quindi ce l’ho fatta con un po’ di anticipo. Ma rispetto al resto d’Europa, dove i giovani hanno l’occasione di affermarsi prima, qui da noi si aspetta troppo.

Molti dei suoi film recenti sono tratti da romanzi: in questi casi, i libri la aiutano a preparare il personaggio?
Non li leggo: mi è capitato soltanto con Romanzo criminale [+leggi anche:
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, ma l’avevo letto prima che mi chiamassero per il film. Bisogna far respirare la vita dentro al film, e per farlo è bello poter aderire ad un personaggio, inventarlo a prescindere dal modello della pagina scritta: e poi, ho imparato che a volte questa libertà ti avvicina al ruolo. È il caso di Mio fratello è figlio unico: Antonio Pennacchi, l’autore del romanzo da cui è tratto, mi chiedeva come avessi fatto a calarmi così bene nella parte. Ma io “Il fasciocomunista” non l’avevo nemmeno sfogliato.

È tratto da un romanzo anche il suo prossimo progetto, Come Dio comanda
Sì, e stavolta potrei fare un’eccezione: mi dicono che nel libro di Nicolò Ammaniti il personaggio sia descritto in modo straordinario. Il film, diretto da Gabriele Salvatores, è ambientato nel profondo nord, tra Pordenone e Trieste: mi spaventa molto, perché è un progetto di grande spessore, insolito e coraggioso.

Insolito e coraggioso: è questo il tipo di cinema che le piace?
Sì, i film anticonformisti, gli autori che cercano strade nuove anche a costo di sbagliare: l’arte deve far discutere, provocare, non deve vendere soluzioni. A quello ci pensa la televisione. Il problema è che alle persone è impedito di vedere questo tipo di film: Sangue di Libero Di Rienzo è un’opera di cui andiamo molto orgogliosi, diversa dal cinema che si fa in Italia, più personale. Ma è stata distribuita poco e male: e non è mai uscito neppure Chiamami Salomè di Claudio Sestieri, che nella sua follia è un film interessante. Mi piacciono i progetti che escono dalla routine, e che privilegiano le immagini: un cinema visionario che alla narrazione lineare preferisce un modo di raccontare fuori dagli schemi. Come quello di David Lynch.

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