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Salvatore Mereu • Regista

Sonetàula, l'anti-eroe di Salvatore Mereu

di 

La Sardegna negli anni caldi del banditismo, a cavallo della Seconda guerra mondiale, fa da sfondo ad un racconto di formazione nella splendida opera seconda di Salvatore Mereu, Sonetàula [+leggi anche:
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, presentato nella sezione Panorama dell'ultima Berlinale e da oggi nelle sale italiane in circa 30 copie distribuito da Lucky Red. La coproduzione con i francesi di Haut et Court e i belgi di Artemis dovrebbe permettere al film, distribuito a livello internazionale da Celluloid Dreams, di varcare presto le Alpi. Cineuropa ha incontrato il regista a Roma.

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"Dopo Ballo a tre passi - spiega Mereu - mi è stato proposto di fare un altro film sulla Sardegna. Avevo letto il romanzo di Giuseppe Fiori e pensavo che si adattasse benissimo ad un film. Nel portarlo sullo schermo ho rinunciato alla parte più sociologica, concentrandomi sul racconto di formazione. Una vita non vissuta come quella di Sonétaula, che sembra già segnata da eventi e luoghi, è universale, può essere ritrovata in qualsiasi parte del mondo, dai sobborghi di Calcutta a quelli di New York. Ho voluto raccontare questa storia con l'idea di risarcire quella vita".

Sonétaula sembra un film girato con grande libertà. "L'ho girato d'istinto, senza troppi calcoli, ma credo che il risultato abbia premiato questa dose d'azzardo. C'erano numerose difficoltà produttive, essendo un film in costume ambientato in un'altra epoca. L'approccio era documentaristico, con modalità poco perseguite dal cinema attuale. Per fortuna i produttori mi hanno lasciato grande libertà e mi è stato consentito di girare le scene in ordine cronologico. Questo ha facilitato molto gli attori, che si sono potuti immedesimare nei loro personaggi giorno per giorno".

Attori, peraltro, quasi tutti non professionisti. "Ci sono state difficoltà quotidiane nella gestione del set, perché lavoravo con attori che non sempre potevano garantire un risultato. Per il personaggio principale, Sonétaula, che viene seguito dall'età di 12 fino ai 25 anni, ci siamo posti da sùbito il problema di come risolvere l'arco narrativo così ampio, ma abbiamo affidato la parte ad un solo attore, Francesco Falchetto, perché da spettatore ho sempre diffidato di quelle staffette che portano attori di età diverse ad interpretare lo stesso personaggio. Per fortuna il ragazzo stava crescendo proprio in quel periodo e ci è letteralmente esploso davanti alla macchina da presa. E' stato molto bravo ed è stato aiutato al meglio dai collaboratori che si occupano di trucco e costumi".

Nel film la luce ha una funzione fondamentale e ben quattro diversi direttori della fotografia si sono succeduti nella lavorazione. "Già in Ballo a tre passi avevo utilizzato quattro differenti direttori della fotografia. Questa staffetta è stata necessaria perché il film si è dipanato molto nel tempo, un anno intero con molte interruzioni, ma alla fine la continuità della fotografia è stata mantenuta, si è quasi determinata da sé, perché i volti e gli ambienti hanno suggerito le scelte dei direttori".

Dal successo di questa opera dipenderanno le occasioni future di Mereu di raccontare la propria terra. "Penso che sia più efficace esprimersi su ciò che si conosce meglio. Questo è un film che ha bisogno di un buon passaparola per trovare il suo pubblico. Io continuerò ad avvicinarmi al cinema non come un mestiere, perché lo considero un'occasione. Ma con una certa idea, e sperando di trovare i mezzi di produzione adeguati per farlo".

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