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Seraina Rohrer • Direttrice delle Giornate di Soletta

“L’interesse del pubblico svizzero per il cinema nazionale ci rallegra”

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- Cineuropa ha incontrato Seraina Rohrer che dirige le Giornate di Soletta per il terzo anno consecutivo

Seraina Rohrer • Direttrice delle Giornate di Soletta

In occasione del suo transito in Svizzera per le 49esime Giornate di Soletta, Cineuropa ha avuto la possibilità di intervistare la giovane, dinamica, ma non meno esperta Seraina Rohrer che dirige il festival per il terzo anno consecutivo. Piccola precisazione sull’importanza di Soletta nella cinematografia svizzera…

Cineuropa: La Svizzera è conosciuta per la sua produzione di documentari, ma queste 49esime Giornate di Soletta sono anche l’occasione di vedere dei film di finzione tra i quali emerge un numero importante di commedie. E’ stata una scelta editoriale da parte del festival?
Seraina Rohrer
: Soletta è la vetrina del cinema svizzero. In primis scegliamo i film per le loro qualità professionali e artistiche, ma non siamo noi a scegliere se inserire più drammi o commedie. Siamo rimasti sorpresi quest’anno, poiché è la prima volta che l’industria svizzera ci ha presentato un così gran numero di commedie. Penso che si tratti piuttosto di una casualità e non di una tendenza poiché la tendenza cambia di anno in anno.

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Ci sono molti film da vedere a Soletta…
Eppure facciamo parte dei paesi che hanno una piccola produzione, ma abbiamo davvero questo desiderio di mostrarla al pubblico svizzero. Quest’anno ci sono non meno di 70 lungometraggi, documentari e film di finzione tra cui alcuni che non sono mai usciti in sala e costituiscono la nostra programmazione. Abbiamo anche una selezione notevole di cortometraggi e di video musicali di buon livello.

Qual è l’importanza strategica di Soletta per il cinema svizzero? E’ una buona vetrina per lanciare la distribuzione di un film o vi si deve piuttosto vedere un festival che funga da retrospettiva dell’anno cinematografico passato?
Entrambi. Metà della programmazione dà in effetti una panoramica del paesaggio cinematografico svizzero mentre l’altra metà sono le anteprime che lanciano il nuovo anno con quest’idea di presentare un cinema nazionale forte. Il 2013 ci ha portato fortuna con una quota del mercato che è passata dal 4% all’8,5%. Questo interesse del pubblico svizzero per il cinema nazionale ci rallegra. Questo aumento non è dato da uno o due film di punta, ma è generale e si traduce in tutti i generi compresi i documentari che hanno attirato circa mezzo milione di spettatori nelle sale, ovvero un aumento del 50% rispetto al 2012.

Quanti spettatori accoglie il festival?
L’anno scorso abbiamo attirato circa 60 000 persone, un record per Soletta, ma le cifre attuali ci indicano che quest’anno verrà superato.

Come scegliete la selezione ristretta dei film che concorrono al premio Soletta?
Si tratta di una competizione che è molto legata alla storia di Soletta. Il nostro festival ha sempre posto un accento particolare sui dibattiti che scuotono soprattutto la società svizzera e in generale il meccanismo mondiale. Questo premio è stato assegnato per 5 anni a un film di qualità formale che tratta un argomento di fondamentale importanza per la nostra società. Il cinema è sempre lo specchio della nostra quotidianità e questi film sono accompagnati da un dialogo sul ruolo sociale della settima arte. Ecco perché la nostra giuria non è solamente composta da professionisti del cinema. Troviamo quest’anno uno scrittore umanista come Lukas Bärfuss o un sociologo come Jean Ziegler accanto alla regista Chantal Akerman e alla sceneggiatrice Güzin Kar.

L’immigrazione è un tema che emerge in queste 49esime Giornate di Soletta. Ancora una volta, non bisogna considerarlo una scelta di programmazione?
Esattamente. Ecco un tema al centro della nostra società e sono i registi che hanno deciso di appropriarsene, non noi. Non penso che si tratti di una nuova tendenza del cinema svizzero. Prendete i grandi successi di pubblico come The Swissmakers (1978) o un successo internazionale come Journey of Hope (1990), e avete due film che trattano dell’immigrazione, un tema che è al centro della tradizione cinematografica svizzera. 

Soletta pone anche l’accento sull’industria e gli eventi riservati ai professionisti del settore…
E’ molto importante per noi, ma abbiamo un problema di timing poiché ci troviamo tra lo svolgimento del festival di Rotterdam e poco prima dell’inizio del festival di Berlino. Abbiamo deciso di attirare i professionisti del settore focalizzandoci ogni anno su un tema preciso per rendere Soletta un punto di incontro conviviale per le persone coinvolte. Il nostro scopo non è di avere gli stessi professionisti di Rotterdam o di Berlino ma piuttosto cinefili che non viaggiano sempre per altri festival e possono essere esercenti francesi o tedeschi. Quest’anno abbiamo invitato dei distributori italiani, francesi e tedeschi per lavorare in maniera concreta con loro sulla nostra industria. 

Soletta si apre anche al cinema del mondo con dei film come The Act of Killing [+leggi anche:
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intervista: Srdan Golubovic
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che non sono coproduzioni svizzere. Quali sono le intenzioni dietro questa programmazione?
Si tratta della nostra sezione focus con la quale tocchiamo tematiche che sono importanti per i registi svizzeri. Il tema della presa di posizione è al centro del focus 2014. Essendo un regista, come posso esprimere la mia posizione? Apriamo il dibattito tra registi svizzeri e stranieri. E’ interessante confrontare la presa di posizione in The Act of Killing con quella di Jean-Stéphane Bron nel suo documentario svizzero The Blocher Experiment [+leggi anche:
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. Ogni anno, invitiamo degli esperti. L’anno scorso, Carlos Reygadas è venuto a parlare del cinema radicale e gli scambi di opinioni hanno dato origine a dei dibattiti molto interessanti per i nostri registi e anche per il nostro pubblico.

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(Tradotto dal francese da Francesca Miriam Chiara Leonardi)

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