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Samira Elagoz • Regista

“Attraverso il mio lavoro il pubblico può confrontarsi con il potere della femminilità”

di 

- Cineuropa ha parlato con l’artista emergente Samira Elagoz del suo debutto alla regia in Craigslist Allstars, del genere della docu-fiction e dello sguardo maschile e femminile

Samira Elagoz • Regista

Samira Elagoz è un’artista egiziana-finlandese emergente, performer e regista residente ad Amsterdam. A dispetto del suo diploma in coreografia, le sue opere trovano uno sbocco nei territori del teatro e del cinema, offrendo uno stile in bilico tra documentario e finzione, che esplora i temi dell’identità di genere e della sessualità. Il suo primo lungometraggio, lo schietto documentario narrativo Craigslist Allstars [+leggi anche:
trailer
intervista: Samira Elagoz
scheda film
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, è stato proiettato all’IDFA e al CPH:DOX, dove è stato candidato al premio DOX:AWARD. Cineuropa ha incontrato l’artista mentre si preparava a partire per un lungo tour di presentazione del film, che la porterà dapprima a Belgrado per il festival Beldocs, in seguito al Cinédoc di Tbilisi, al Docs Against Gravity di Varsavia, allo SPRING festival di Utrecht, a Città del Capo per Encounters e, infine, al museo EYE film di Amsterdam. In questa intervista, Elagoz parla del genere docu-fiction che è diventato il suo inconfondibile marchio di fabbrica e delle differenze tra sguardo maschile e femminile, spiegando cosa pensa delle donne che ritraggono gli uomini. 

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Cineuropa: Lei proviene dalla coreografia, eppure il suo lavoro è una miscela di cinema, ciberspazio e teatro. Come nasce questa combinazione?
Samira Elagoz: Il mio gusto si è evoluto in modo alquanto contro-intuitivo. Ogni volta che mi sono trovata di fronte a una certa disciplina o stile che mi piacesse, sono stata subito risucchiata dal suo opposto. Sono passata dal balletto più tecnico alle performance di arte trash, dal teatro alla documentazione di incontri reali. Quando per la prima volta ho avuto l’idea di filmare degli sconosciuti, è stato perché volevo scappare dal lavoro in studio e dalla collaborazione con dei professionisti, che si trattasse di ballerini, attori o artisti. Volevo lavorare su un progetto improvvisato e senza copione, con persone che non avevo mai incontrato prima.

Come definirebbe il suo stile unico di documentario di finzione?
Ho cominciato con la volontà di assemblare eventi della vita reale, e forse anche di crearne alcuni nel momento stesso in cui li stavo ricercando. Credo quindi che la caratteristica principale sia la mia presenza in numerose scene – un’osservatrice della verità che al contempo si lascia osservare. Questo approccio fa crollare le frontiere tra l’artista e il suo soggetto, tra la regista e la performer e tra l’osservazione oggettiva e l’interpretazione soggettiva. Craigslist Allstars, ad esempio, di per sé non è una collezione di ritratti, bensì di interazioni tra me e i miei soggetti. Sono stata un’amica, un’amante e una collaboratrice. Sono un mezzo attraverso il quale questi soggetti esprimono loro stessi. La fluidità e l’adattabilità del mio ruolo è essenziale.

Craigslist Allstars è una sorta di esplorazione dell’uomo moderno in uno spazio virtuale. Perché ha scelto questa prospettiva di genere, legata all’elemento maschile?
Nel storia dell’arte non mancano gli uomini che hanno ritratto delle donne, quindi sono felice che oggi negli spazi virtuali si registri un significativo aumento di donne responsabili di come vogliono descrivere se stesse. Instagram, per esempio, è evidentemente saturo da questo punto di vista. Ciò che mancava, a mio avviso, erano le donne che ritraggono gli uomini. Suppongo comunque che abbia pesato anche una questione di necessità, dal momento che quando il progetto era ancora in fase di sviluppo, erano esclusivamente gli uomini a rispondere ai miei annunci. È qualcosa che mi aspettavo, ma che non ho pianificato. Il progetto si è rapidamente evoluto fino ad incorporare questa dato di fatto. Ne è risultata una situazione piuttosto classica, quella della “ragazza che incontra ragazzi”. Sono quindi emersi i ruoli di genere e il modo quasi involontario in cui tendiamo a comportarci in questo tipo di situazioni.

Il concetto di sguardo maschile proposto da Laura Mulvey si applica bene a Craigslist Allstars, ma qui viene anche documentato lo sguardo che si confronta con quest’ultimo. È qualcosa che ha deciso di analizzare nel suo documentario o si tratta del frutto di una mera coincidenza?  Cosa ci può dire del potere femminile?
Sebbene la mia ricerca non abbia mai voluto essere né una crociata per l’emancipazione, né un commento ad un particolare contesto sociale, è divenuto evidente come attraverso il mio lavoro il pubblico possa confrontarsi con il potere della femminilità e con le reazioni che questo può suscitare. Tuttavia, direi che il mio interesse non riguarda lo sguardo maschile o femminile, e non mira ad esprimere su questi giudizi denigratori. Permettendo ai miei soggetti di prendere la cinepresa e di guardarsi intorno, di scegliere cosa condividere, il film è in netto contrasto con lo sguardo maschile, che assegna alle donne ruoli specifici. Avvicino i miei soggetti con rispetto e arricchisco loro e l’intero progetto spostando lo sguardo in entrambe le direzioni. Mi piace dire che sto mostrando una prospettiva femminile sull’uomo, attraverso uno sguardo da documentarista. E piuttosto che realizzare qualcosa che esponesse l’uomo alienandolo dal processo, ho preferito fare qualcosa di più inclusivo.

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(Tradotto dall'inglese)

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