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Yorgos Lanthimos • Regista

"Che non si sappia mai troppo il significato di ciò che vedi"

di 

- CANNES 2017: Yorgos Lanthimos parla del suo film The Killing of a Sacred Deer, scoperto in competizione a Cannes

Yorgos Lanthimos  • Regista
(© E. Piermont / Festival de Cannes)

Di ritorno per la seconda volta in competizione al Festival di Cannes con  The Killing of a Sacred Deer [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Yorgos Lanthimos
scheda film
]
, il cineasta greco Yorgos Lanthimos ha incontrato la stampa internazionale, affiancato dai suoi interpreti Nicole KidmanRaffey CassidySunny Suljic e Barry Keoghan

Come è nata l’idea del titolo del film, The Killing of a Sacred Deer?
Yorgos Lanthimos:
Durante la scrittura, abbiamo scoperto dei legami con la tragedia Ifigenia di Euripide e ho trovato interessante evocare questa nozione molto radicata nella cultura occidentale. Nella vita, c’è gente che si ritrova davanti a dilemmi enormi e il concetto di sacrificio solleva un gran numero di questioni aperte a tutti.

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Il film esplora un soggetto duro e ha lavorato con attori giovani. Come ha proceduto?
E’ vero che il racconto è brutale nel suo insieme, ma non in ogni momento. Non ha un tono particolarmente grave o serio. E’ una sorta di film comico e sul set ci siamo divertiti molto. Quello che volevo essenzialmente esplorare è il tema della giustizia, le scelte, la natura umana e i comportamenti. Il punto di partenza era soprattutto la famiglia ed è quasi per caso che i bambini hanno un ruolo importante.

Qual è il suo rapporto con il simbolico?
Cerco di evitare i simboli. Volevo che tutto fosse evidente e che il film fosse molto diretto. Con le cose bizzarre, non cerco di essere analitico. C’è un racconto, se no gli spettatori si perderebbero, ma cerco di lavorare in maniera ludica affinché non si sappia mai troppo il significato di ciò che vedi. Ma con Efthimis Filippou, passiamo molto tempo sulla scrittura della sceneggiatura, concentrandoci unicamente sul racconto, perché devo fidarmi del racconto affinché tutto funzioni. Le trame dei miei film si potrebbero svolgere ovunque e questo mi dà la libertà di scegliere qualsiasi location. Poi, per il casting, sono fortunato perché attrici e attori di talento vogliono lavorare con me. Il casting dei giovani, invece, è durato a lungo con bambini americani, inglesi, australiani. Non cerco di obbligare gli attori a conformarsi a ciò che ho immaginato. Poi, durante le prove e le riprese sopraggiungono sempre molti elementi inattesi che accolgo. Perché così come l’atmosfera e l’ambiente, non si può controllare tutto.

Quali erano le sue intenzioni in termini di messa in scena?
Abbiamo usato molto il travelling. Si cerca sempre la forma più adatta per ciascun film. Qui volevo dare l’impressione di un’altra presenza. La camera segue i personaggi e li si osserva dall’alto per dare la sensazione di una presenza invisibile. 

E questa strana malattia che i medici non riescono a identificare?
E’ tutto il racconto del film. Non si dà mai una risposta nel film, ma non la conosco neanche io.

Ritornerebbe a girare un film in Grecia? 
Perché no? Ho girato in sette paesi e ogni volta è diverso. Prima ero piuttosto negativo riguardo all’eventualità di rifare un film in Grecia, ma col senno di poi mi sono reso conto che offriva una certa libertà.

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(Tradotto dal francese)

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