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Miro Remo • Regista

“Ciò che importa è non mentire”

di 

- KARLOVY VARY 2017: Abbiamo incontrato il pluripremiato documentarista Miro Remo per parlare della sua ultima opera, This Is Not Me, e dei problemi che affronta quando lavora su un documentario

Miro Remo  • Regista

Abbiamo incontrato il pluripremiato documentarista Miro Remo per parlare dei problemi che affronta quando lavora su un documentario, del suo metodo di lavoro e della sua ultima opera, This Is Not Me [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Miro Remo
scheda film
]
, un ritratto del famoso cantante slovacco Richard Müller e un reportage sullo show business, che al momento è in gara nella categoria Documentari del Festival internazionale del cinema di Karlovy Vary.

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Cineuropa: Lei è stato etichettato come un documentarista “controverso”, sebbene non affronti temi di carattere politico.
Miro Remo: Se segui gli ideali che avevi durante l'infanzia, è probabile, che una volta adulto, ti ritrovi in qualche conflitto. L'etichetta “controverso” non è nient'altro che un debole tentativo di rattoppare le ferite rimaste dopo essere cresciuti con dei modelli da seguire. È sorprendente quanta avidità ci sia in giro e quanto sia grande la paura di perdere il proprio status sociale. Richard Müller lo ha perfettamente descritto quando ha detto “La cultura gira attorno a persone che sono capaci di procurarsi soldi”. Non posso accettarlo. Il mondo non è giusto, ma i film possono ancora prendere una posizione.

Come sceglie gli argomenti, soprattutto considerato che i suoi progetti Pohoda e Coolture non sono stati nemmeno autorizzati da alcune delle persone che vi comparivano?
Scelgo i temi che mi ispirano o infastidiscono di più. Lavoro nel campo della cultura in quanto regista, ed è perciò un argomento che mi sta a cuore. Richard Müller è stato il modello da seguire durante la pubertà. Tutti e tre i film, Pohoda, Coolture e This Is Not Me condividono una caratteristica,­ sono frutto della passione. Tuttavia, le persone che vi hanno partecipato pensavano che fossero pellicole complicate, anche se il pubblico non era dello stesso parere. È stato questo a rafforzare la mia prospettiva attuale in quanto autore.

Aveva un'idea chiara su This Is Not Me o si è sviluppata col tempo?
Avevamo varie idee, eravamo aperti su più fronti. Io e la mia collega di vecchia data Juraj Šlauka volevamo lavorare sulla sceneggiatura insieme a Richard, un esperto sceneggiatore. Il copione doveva essere fantasioso e il nostro obiettivo era lavorare con l'archivio personale di Richard; volevamo ricostruire e rimescolare tutto, volevamo sperimentare. Tuttavia, Richard ha deciso per entrambi. Non è stato abbastanza forte a causa della sua malattia psicologica. Era straordinario vedere come riusciva a impiegare le sue ultime energie per concentrarsi sul suo nuovo album. Alla fine questa lotta si è rivelata abbastanza drammatica. All'inizio, eravamo scettici, anche se poi (io e l'amico di Richard, Marek Kučera) eravamo contenti di avere la possibilità di assistere con una videocamera. In questo caso la terapia d'urto cinematografica è stata piuttosto efficace.

Si aspettava di demistificare il protagonista o in generale lo show business?
Nient'affatto; volevamo cercare di produrre qualcosa di intimo così come lo sono i testi di Richard, con cui siamo cresciuti e che conosciamo così bene. Siamo entrati in un territorio inesplorato e lo abbiamo documentato grazie a Richard. Ci ha permesso di stabilire un rapporto di intimità, soprattutto grazie a Marek Kučera. La loro amicizia è stata fondamentale per la creazione di un clima di fiducia.

Ci sono stati dei problemi che ha dovuto affrontare?
Non durante le riprese, anche se abbiamo avuto un paio di difficoltà durante la digitalizzazione dell'archivio di Richard. Le 25 ore di materiale ci hanno fornito importanti indizi sulla sua personalità, essenziali per capire il suo comportamento. Ci ha offerto il materiale senza averlo mai visto. Era molto più personale di qualunque archivio televisivo. Abbiamo avuto un mucchio di problemi durante il montaggio, che alla fine è durato tanto quanto le riprese.

Perché la storia di Müller è importante per lei?
È un ricordo per quelli che verranno dopo di lui. Non penso che il mio punto di vista sia più importante rispetto a quello di altri; ho la fortuna di poter lavorare con persone intelligenti, di fare quello che mi piace, e sono stato fortunato anche perché ero nel posto giusto al momento giusto. Ciò che importa è non mentire.

Aveva mai pensato a come il film potesse suscitare interesse all'estero?
Quando faccio un film, penso a quasi tutto ciò che gli ruota attorno. La storia è universale, ma This Is Not Me è più un film locale, molto più di Arsy-Versy, che è riuscito ad arrivare molto lontano. In particolare, questa è la storia di una stella e la gente di tutto il mondo ama sognare. Sarei contento di sapere che il film si è fatto strada anche all'estero.

Qual è stato il rapporto tra metraggio usato e scartato?
Diciamo un minuto di metraggio usato su 200 minuti di metraggio scartato. Avevamo 300 ore di metraggio perciò siamo stati costretti a tagliare. Per quanto riguarda la versione definitiva, me ne sono occupato dopo un'attenta analisi, quando ero sicuro che non ci sarebbero stati errori di interpretazione o strumentalizzazione. Siamo stati super attenti in sala di montaggio, dato che è un film di osservazione che critica indirettamente lo show business.

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(Tradotto dall'inglese)

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