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BERLINALE 2018 Concorso

Thomas Stuber • Regista

“Ho sempre voluto fare un film in cui hai la sensazione che la storia sia raccontata”

di 

- BERLINO 2018: Thomas Stuber parla a Cineuropa del suo film presentato in concorso alla Berlinale, In the Aisles, e di come si racconta una storia malinconica

Thomas Stuber  • Regista
(© Jörg Singer)

Il regista tedesco Thomas Stuber racconta a Cineuropa come ha adattato dalla pagina al grande schermo il suo film presentato in concorso alla Berlinale, In the Aisles [+leggi anche:
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, e di come si racconta una storia malinconica.

Cineuropa: Quando ha letto per la prima volta il racconto di Clemens Meyer?
Thomas Stuber:
L'ho letto per la prima volta otto o nove anni fa. In the Aisles faceva parte di una raccolta di racconti e ne rimasi completamente sbalordito. Non so se avrei mai letto qualcosa del genere; erano solo 25 pagine e c'era molto poco, ma la storia aveva una tale profondità e atmosfera. Volevo fare un film da questo.

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E’ stato difficile adattare 25 pagine in un film che dura più di due ore?
Adattare la storia in un film è stato un processo interessante e difficile con Clemens. Certo, da una parte è facile perché hai già qualcosa di scritto e non devi inventarlo, ma dall'altra parte non è un pezzo di letteratura classica, non è un romanzo. Ho letto di nuovo il racconto un paio di giorni fa e sono rimasto sorpreso da come abbiamo reso ciò che c’era nel testo. C'era un pezzo che era di due righe, ed è diventato tre scene da 14 minuti. È il nucleo; tutto è lì dentro. Parliamo di ogni tema e di ogni immagine, li abbiamo giusto tirati fuori. 

Sembrano esserci influenze di Wes Anderson, Roy Andersson e Aki Kaurismäki nel film; voleva render loro omaggio?
Certo; guardo tanti film, e non guardo un solo genere di cinema. Sono interessato a tutto, e credo che il modo in cui il racconto prende vita sullo schermo dipenda totalmente dalla storia. Se guarda il mio film precedente, A Heavy Heart [+leggi anche:
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, è completamente diverso. Era artigianale e widescreen, molto naturale; non c'era magia lì. Così ho pensato che qui dovevamo fare qualcosa di completamente diverso. Il mio amore per Andersson e Kaurismäki mi ha fatto rivedere i loro film. La solitudine è un fattore molto importante per il mio cinema; credo che sia importante per Kaurismäki, e adoro il modo in cui lo combina con l'umorismo – e questo è ciò che rende i suoi film così fantastici. 

Perché ha voluto usare il voiceover in questo film?
Ho sempre voluto creare un film in cui hai la sensazione che la storia sia raccontata. Non volevo fare un film in cui sembra che la storia stia accadendo proprio ora. Per me, il punto principale di "Lascia che ti racconti una storia che mi è successa" è che ti mette sempre in una sorta di malinconia – è finita, questi tempi sono andati, ed è sempre diverso ricordare un momento rispetto a viverlo. Sposti il tuo immaginario, che a volte è diverso da ciò che è realmente accaduto. Ho pensato che si adattasse meglio al realismo magico, e la narrazione agisce anche come contrasto: all'inizio non si adatta a Christian, che non parla molto, ma ho pensato che fosse importante perché quello che dice è molto intelligente. Non volevo che qualcuno pensasse che Christian sia stupido.

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(Tradotto dall'inglese)

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