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BERLINALE 2023 Panorama

Álvaro Gago • Regista di Matria

"Stiamo ritraendo una persona, non una vittima"

di 

- BERLINALE 2023: Il regista galiziano ci parla del suo film d'esordio, che prende il titolo dal suo cortometraggio vincitore al Sundance, che ritrae una donna sopraffatta dalle circostanze

Álvaro Gago  • Regista di Matria

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, Álvaro Gago (Vigo, 1986) ha ampliato il tema del suo quarto cortometraggio omonimo, con cui ha vinto il Gran Premio della Giuria al Festival di Sundance 2018. Il regista ci dà alcune chiavi del suo film, che viene presentato nella sezione Panorama della 73ma Berlinale.

Cineuropa: Il fatto che il suo cortometraggio abbia vinto un premio al Sundance ha facilitato la sua trasformazione in lungometraggio?
Álvaro Gago:
Penso di sì, anche se non ho percepito nulla di concreto, perché è stato un cammino lungo, con tanti ostacoli, come quello di tutti. C'era interesse nel vedere cosa avrei proposto dopo, ma non mi hanno spianato la strada, perché abbiamo dovuto lottare e alla fine siamo stati fortunati.

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Sono anche entrati nuovi produttori.
Ho iniziato il progetto nel 2018 con Ringo Media, una casa di produzione di basso profilo, perché mi interessa crescere con persone della mia generazione, ma era chiaro che avevamo bisogno di altre fonti di finanziamento. L'ingresso della compagnia galiziana Matriuska è avvenuto dopo due incontri, in cui ho capito il modo in cui volevano produrlo: rispettando i luoghi dove avremmo girato, che conoscevo perfettamente. Avevo avuto contatti precedenti tramite i miei cortometraggi con Avalon, quindi ero già sul loro radar e la collaborazione si è finalmente concretizzata. Comunque non è stato facile, perché sono uno sceneggiatore mio malgrado, mi piace scrivere ma è un processo che patisco molto: penso per immagini e tradurle su carta non è facile per me, perché il mondo interiore che ho in testa è difficile, soprattutto a livello atmosferico, da trasferire su carta. E quando una società di produzione legge una sceneggiatura così secca in quelle fasi di ricerca di finanziamenti, ha bisogno di tempo per pensarci, ovviamente.  

Perché ha deciso di avere come protagonista un'attrice professionista come María Vázquez (che abbiamo visto in Trote [+leggi anche:
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) invece di un'attrice naturale come nel cortometraggio?
È stata una decisione consapevole: se nel cortometraggio esploravo la routine quotidiana determinata dalle sue circostanze vitali, che risultava in un tipo di recitazione molto reattiva nei confronti delle circostanze esterne, fisiche e corporee, nel film abbiamo incorporato la riflessione, essendo il personaggio che prende le redini e deve comunicare quelle emozioni, essendo queste al centro delle scene. Per questo avevo bisogno di qualcuno con un background speciale e desideravo lavorare con María da molto tempo: sentivo che era flessibile e che le piaceva anche correre dei rischi.

Il suo film segue il suo personaggio centrale in modo continuo, per poco tempo, ma in modo intenso, come Due giorni, una notte [+leggi anche:
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intervista: Luc and Jean-Pierre Dardenne
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dei fratelli Dardenne.
Senza dubbio i Dardenne sono una grande ispirazione, anche i loro film sono viscerali e corporei. Il mio è anche un potente viaggio immersivo, con la macchina da presa incollata al personaggio e al suo ondeggiare, per catturare una realtà vibrante, che ti colpisce dallo schermo. Nonostante questo stress, parte del lavoro di sceneggiatura è stato quello di moderare il ritmo. Scrivo da una realtà che imponeva un ritmo che sembrava troppo veloce nella storia, quindi abbiamo dovuto ridurre quel livello di stress con scene che hanno rallentato il film.

Sorprende la fierezza della protagonista, dal carattere deciso e forte non solo sul lavoro, ma anche con gli uomini.
Questa è una delle chiavi che mi hanno portato a fare questo film: la protagonista tira fuori il suo carattere. Stiamo ritraendo una persona, non una vittima: per me è stato fondamentale.

Il film è girato in Galizia, che si insinua sullo schermo.
Per me il cinema, oltre ad essere un dispositivo per raccontare storie, serve a catturare un modo di esistere e questo è al centro del film. Ricordo, mentre scrivevo la sceneggiatura, che volevo includere scene che catturassero un modo di intendere la vita molto tipico del luogo in cui abbiamo girato: un contesto che presenta anche circostanze complesse per il personaggio principale e determina il suo stato vitale, il suo stato di consapevolezza. Il film propone come trovare le crepe in queste circostanze affinché inizi il viaggio interiore della protagonista.

Ramona mi ha ricordato, nel suo modo di concentrarsi troppo sugli altri, María y los demás [+leggi anche:
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intervista: Nely Reguera
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di Nely Reguera, anche se lì il tono narrativo era diverso.
Sì, proprio così, è qualcuno che proietta i propri desideri su sua figlia, senza rendersi conto che deve cambiare se stessa. Lì sta l'etica della storia, in quel processo di intima rivoluzione.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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