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SAN SEBASTIAN 2023 Concorso

Isabella Eklöf • Regista di Kalak

"A volte bisogna ammettere la sconfitta per ricominciare e rialzarsi"

di 

- La regista svedese ci racconta che cosa ha ispirato il suo nuovo film, tratto dal romanzo autobiografico di Kim Leine, e le ricerche effettuate per realizzarlo

Isabella Eklöf  • Regista di Kalak

La regista svedese Isabella Eklöf parla dell’ispirazione alla base del suo nuovo film, Kalak [+leggi anche:
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, presentato in concorso a San Sebastian, e delle ricerche che lo hanno accompagnato.

Cineuropa: Kalak è basato sull'omonimo romanzo autobiografico di Kim Leine. Come è nato l'interesse per la sua storia e perché ha voluto adattarla?
Isabella Eklöf:
Ho trovato il libro nella mia libreria un giorno in cui ero annoiata – devo averlo comprato a un certo punto, e quando ho letto il retro del libro, non riuscivo a capire perché non l'avessi divorato subito. Ho scritto immediatamente all'autore per chiedere se il libro fosse stato opzionato e solo allora mi sono seduta a leggerlo. Per fortuna, il libro era avvincente e fondamentale come la mia intuizione mi aveva detto. Mi parla a così tanti livelli: mi identifico con il trauma di un padre prepotente e totalizzante, condivido la curiosità e il fascino di Kim per le società collettive in generale e per la Groenlandia in particolare, e mi relaziono profondamente con il desiderio suo e del protagonista di appartenere e di essere immerso in una famiglia più grande, un'unione e uno scopo più grandi.

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Il film parla del dolore umano e della solitudine. Per lei è una cronaca di una sconfitta o una ricerca di liberazione?
È entrambe le cose. A volte bisogna ammettere la sconfitta per ricominciare e risollevarsi. Se provi a fare qualcosa più volte e continui a sbattere la testa contro il muro, probabilmente è una buona idea provare una nuova direzione nella vita – ma a volte ci vuole molto dolore e disperazione per rompere i legami incredibilmente forti delle abitudini emotive.

La scena del ballo in maschera nel prologo del film è particolarmente suggestiva. Cosa significa per lei?
Ho una piccola ossessione per l'idea della pantomima all'inizio di un'opera teatrale, come quella nell'Amleto di Shakespeare: un piccolo pezzo introduttivo con danza e musica, che esprime i temi del film in termini concreti e simbolici. È una sorta di induzione alle emozioni sottostanti che non sono necessariamente espresse entro i confini del realismo cinematografico.

Il protagonista ha rapporti con quattro donne diverse: sua moglie e le tre signore groenlandesi. Potrebbe commentare come vede queste diverse relazioni?
In sostanza, lui cerca la stessa cosa in tutte: qualcuno che lo veda per quello che è e lo accetti comunque. Sua moglie Lærke è sicura perché la loro relazione è molto pragmatica e simile a un'amicizia. Karina rappresenta la mancanza di limiti e la violenza dei sentimenti che Jan porta dentro di sé. Ella è la collega infermiera, che ha visto tutto, e Nikoline è così traumatizzata e debole che il trauma di Jan impallidisce al confronto.

I dialoghi sono molto importanti nel film; come ha lavorato sul testo con gli attori e quanto ha lasciato all'improvvisazione?
Con gli attori groenlandesi c'è stato molto spazio per l'improvvisazione e le aggiunte, poiché la lingua non è la mia e l'apporto del contesto culturale da parte loro è stato molto importante. Per quanto riguarda il personaggio di Jan, invece, il dialogo scritto da Kim Leine rispecchia la sua parlata, quindi abbiamo scelto di attenerci il più possibile alla musicalità del dialogo originale.

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(Tradotto dall'inglese)

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