email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Radu Mihaileanu • Regista

La vita è bella

di 

- Il regista ha svelato a Cineuropa l'appassionante avventura di Va, vis et deviens e l'emozione di raccontare una storia nata da un incontro inatteso

Durante un tour di anteprime nelle città francesi, Radu Mihaileanu ha raccontato a Cineuropa l'appassionante avventura di Va, vis et deviens. Mettendo da parte per l'occasione il suo leggendario senso dell'ironia il regista ci ha svelato l'emozione di raccontare questa storia nata dopo un incontro inatteso e diventata un film sulla forza della vita che supera i drammi individuali e collettivi.

Cineuropa: Come mai era interessato alla vita dei Falashas?
Radu Mihaileanu: Ho incontrato a Los Angeles un ebreo etiope che mi ha raccontato la sua storia, come era riuscito a scappare dall'Etiopia, abbandonando il suo piccolo villaggio sulle montagne, che aveva lasciato con i suoi cari per raggiungere il Sudan e come la sua famiglia fosse stata decimata. E' arrivato da solo da bambino nei campi del Sudan e ha atteso mesi prima che i servizi segreti israeliani, con l'aiuto degli americani, non lo portassero in Israele attraverso un ponte aereo. Mi ha fatto piangere per una notte intera. Avevo una lontana eco di tutta questa storia, ma non avevo capito tutti i meccanismi umani e drammatici che erano in gioco. In seguito, sono tornato a Parigi, mi sono documentato con dei libri francesi, inglesi e americani e attraverso internet. Poi sono andato in Israele per incontrare degli etiopi e là ho capito che avrei fatto un film. Mi faceva infuriare il fatto che nessuno conoscesse questa storia.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Ha scelto subito di dividere il film in tre parti con tre attori diversi?
Dato che volevo raccontare un'epopea, una vita che va dall'infanzia all'età adulta, sapevo che avrei avuto bisogno di diversi attori. Naturalmente ho scelto l'infanzia, l'adolescenza che mi interessava molto e l'età adulta per concludere.

Ha cercato di mantenere uno sguardo positivo su questo contesto drammatico?
Lo desideravo fin dall'inizio. Non potrei mai fare due cose nel cinema: raccontare la vita di personaggi mediocri, anche se ci sono registi che ci riescono benissimo, o dire che la vita non merita di essere vissuta. Qualsiasi cosa ci capiti, e ci sono sempre momenti difficili o drammatici, credo che la vita sia comunque un dono. La mia storia personale non è stata semplice, sono stato costretto a emigrare, a staccarmi dalla famiglia e dai miei amici. Ho sempre mantenuto la speranza, il sentimento di ricevere un dono e di dover approfittarne fino in fondo.

Molti personaggi, come Yaël, Qes Ahmra e il medico sembrano quasi degli angeli custodi.
Sì, perché questo bambino, nonostante le disgrazie, ha anche alcune fortune. Ha la fortuna di avere quattro madri a salvarlo e a renderlo felice. Qes è come un vero padre visto che il padre adottivo non esercita quasi quel ruolo. E' quindi ben circondato e nonostante questo incontra chi gli rende difficile la vita, come gli estremisti religiosi.

I suoi attori parlano di lei come di un regista molto pignolo.
E' vero, sono puntiglioso perché sono il guardiano di una visione globale della storia che sul set gli altri non vedono. Ma è anche vero che l'attore che interpreta Schlomo adolescente mi ha spinto a cambiare profondamente il personaggio in funzione del suo modo d'essere. Avevo tratteggiato un adolescente buffo e vitale dimenticando che a questa età, spesso si è goffi. Con Yaël Abecassis, abbiamo cambiato molti dialoghi, anche con Roschdy Zem. Sono pignolo in generale ma anche aperto nei dettagli quando mi vengono proposti dei miglioramenti.

E' stato difficile produrre il film? Non troppo. Ci aspettavamo che fosse molto più difficile poiché l'unico attore famoso nel cast è Roschdy Zem, che certo non è così conosciuto. Yaël Abecassis è nota in Israele ma molto meno in Francia. Quindi temevamo la reticenza dei finanzieri, non è mai facile realizzare un film indipendente. Ma alla fine abbiamo trovato dei partner che ci tenevano molto al progetto, delle persone innamorate della sceneggiatura che ci hanno seguito da vicino fino alla fine. Erano coinvolti affettivamente e intellettualmente nel progetto.

Desidererebbe accorciare i tempi fra un film e l'altro (5 anni tra Trahir e Train de vie, poi sette prima di Va, vis et deviens)?

Si, perché mi sto accorgendo che la vita passa e non aspetta. Forse il mio ritmo è questo, ma non vorrei aspettare altri sei anni prima di fare un nuovo film. Ma siccome sono molto intransigente con il cinema, non farei dei film se il soggetto non mi toccasse profondamente. Ricevo molte sceneggiature, ma voglio sviluppare storie mie perché non mi piace fare film su commissione. Comunque leggo spesso le sceneggiature degli altri e una volta mi piacerebbe trarne un film.

Viene dall'Europa orientale, vive in Francia e il suo film parla dell'Africa e del Medio Oriente: si considera un cittadino del mondo?
Mi sento un ebreo francese di origine romena. Oggi la mia patria è comunque la Francia perché qui vivo da 20 anni. Quando vado in Romania, mi sento a casa, anche se so di avere sempre un biglietto di ritorno in tasca. Ma la mia prima patria è quella dei miei figli, che sono francesi.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy