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CANNES 2012 Quinzaine des Réalisateurs

Hold Back: è sempre la stessa storia, fratello!

di 

- L'esordiente e talentuoso Rachid Djaïdani conquista il pubblico della Quinzaine con un film urbamo, meticcio e ben ritmato, divertente e tragico

Un film urbano: è quello che Rachid Djaïdani ha presentato, con il suo Rengaine (Hold Back) [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Rachid Djaïdani
scheda film
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, agli spettatori della Quinzaine des réalisateurs di Cannes. Come un vero beduino, il regista esordiente di origine algerino-sudanese in lizza per la Caméra d'or, porta lo spettatore in una passeggiata attraverso Parigi con la sua penna camera (il film, progettato da una decina d'anni, è stato realizzato senza budget). Il montaggio è dinamico, e ci si sente davvero (Djaïdani precisa: "solo la verità mi interessa") tra questi indigeni, con il loro gergo, la melodia delle loro voci e i giochi verbali tipici dei quartieri più meticci della capitale. E pertanto, pur mostrando realtà riconoscibili, l'autore il cui percorso professionale è ugualmente misto (è stato assistente del film L'odio, campione di boxe e attore in tv prima di entrare nella compagnia di Peter Brook, diventare scrittore e girare documentari) realizza un film originale, divertente e potente allo stesso tempo.

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Come tanti altri titoli di questa 65ma edizione del Festival di Cannes, Rengaine racconta una situazione irrisolvibile. Il punto di partenza è però semplice: Sabrina e Dorcy si amano e vogliono sposarsi. Il problema è che lei è di origine algerina e ha non meno di quaranta fratelli a ricordarglielo, a partire dall'inflessibile e patibolare fratello maggiore Slimane. Dorcy, aspirante attore, è nero e cristiano, e sebbene tanti africani del nord e del sud convivano senza problemi nei dintorni di Belleville e Stalingrado, è inconcepibile che si sposino fra di loro. Di fratello in fratello, di strada in strada, mano a mano che le voci del progetto di nozze di Sabrina circolano, la reazione è quasi sempre la stessa.

Questa situazione vecchia come il mondo, che ha già dato vita a tante tragedie reali e di fantasia, è qui affrontata in tutta la sua assurdità, con un umorismo instancabile che dà luogo a scene saporite che hanno fatto ridere il pubblico della Quinzaine per le loro contraddizioni (perché a Parigi, molti maghrebini sono arabi solo quando gli conviene, sottolinea una Sabrina fuori di sé). Si può citare la scena in cui uno dei fratelli di Sabrina mangia datteri (che la polizia scambia per hashish) insieme a un amico sud-africano spiegandogli che un arabo non può sposare una "negra", e si stupisce che quest'ultimo si offenda; quella in cui i personaggi si stupiscono delle domande di un sondaggio sulle minoranze che gli vengono rivolte per strada ("Quali minoranze?", chiedono); e ancora, quella in cui un amico di Dorcy gli fa una straordinaria dimostrazione di danza erotica per convincerlo ad assumerlo per l'addio al nubilato della sua futura sposa…

La musica, la danza, le arti performative contemporanee in generale, care a Djaïdani, sono un'altra grande attrattiva di Rengaine, e anche qui il regista mostra una grande diversità. Il mestiere di Dorcy permette all'autore di offrirci delle sequenze molto divertenti sull'arte drammatica, in particolare una in cui si prende per vera una scena totalmente fittizia. Questo senso delle sfumature e l'umorismo di Djaïdani gli evitano semplificazioni sbrigative e raccontano la realtà in tutta la sua complessità. Tutto sembra semplice e bello quando Sabrina e Dorcy suonano il piano l'uno accanto all'altra, ma alcuni atavismi, insormontabili, rendono tutto "troppo complicato". Porta in sé qualcosa di infinitamente triste, questo film vitale che fa ridere e sorridere dall'inizio alla fine.

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(Tradotto dal francese)

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