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VENEZIA 2015 Orizzonti

The Childhood of a Leader: la genesi del totalitarismo spiegata ai bambini

di 

- VENEZIA 2015: Il primo lungometraggio di Brady Corbet riunisce nel cast Bérénice Bejo, Stacy Martin, Liam Cunningham e Robert Pattinson

The Childhood of a Leader: la genesi del totalitarismo spiegata ai bambini
Tom Sweet in The Childhood of a Leader

The Childhood of Leader [+leggi anche:
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scheda film
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, primo lungometraggio da regista dell’attore americano Brady Corbet, in programma alla 72ma Mostra di Venezianella sezione Orizzonti, sviluppa un postulato semplice sul modo in cui nasce un leader – e per “leader” bisogna intendere “dittatore”, ma i due concetti si confondono molto velocemente. L’idea è che questa tendenza si sviluppa durante l’infanzia, in modo che dopo un prologo tonante come una fanfara nei giorni in cui il presidente Wilson viene adulato dalla folla, ci si ritrova nella sfera privata, in una famiglia euro-americana tornata nel vecchio continente per l’elaborazione del Trattato di Versailles del 1919, perché il padre (Liam Cunningham), fa parte della delegazione americana che partecipa alle trattative tra la Germania e gli Alleati.

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Mente sbriga i suoi affari a Parigi, sua moglie (Bérénice Bejo), anch’ella figlia di un diplomatico, cerca di dare a loro figlio Prescott (Tom Sweet) un’educazione cosmopolita, secondo i metodi dell’epoca, in cui i genitori appartenenti a famiglie di un ceto sociale elevato non coccolavano i propri figli e imponevano loro una disciplina severa – lasciando tacitamente che le istitutrici (la sua è magistralmente interpretata da Stacy Martin, la giovane ninfomane di Lars von Trier) e la servitù (come la brava paesana interpretata Yolande Moreau) a dispensare qualche gentilezza, senza ovviamente lasciare i genitori  nell’ombra, o dar loro da mangiare quando sono a pane e acqua.

Il film, che segue il violento braccio di ferro tra la madre e il bambino, si divide in tre capitoli dedicati alle tre principali crisi di rabbia che fanno passare il bambino da vittima a carnefice della tirannia, dopodiché un epilogo stalino-hitleriano, molto aggressivo a livello uditivo, ci proietta una trentina di anni dopo per mostrarci il grande tiranno che diventerà.

Formalmente, il film di Corbet è abbastanza impressionante. La fotografia mostra in maniera straordinaria l’atmosfera di questa casa borghese avvizzita e allo stesso tempo vasta e opprimente; segue, inoltre, il tema della camera privata (al contrario delle stanze dove trattano e parlamentano i governatori), diretta dalla donna e che diviene l’anticamera della dittatura. È necessario menzionare le interpretazioni d’isteria latente megalomene mascherata da fredda cattiveria di Bejo e del bambino, totalmente straordinarie. 

Ciononostante, quando arriva l’epilogo (sottotitolato “Prescott il bastardo”), la scelta del regista di maltrattare il nostro udito mentre ci mostra, tra il clamore della folla imbecille, terreno del totalitarismo, che il tiranno non ha i tratti di suo padre, ma quelli del suo vecchio amico, un tedesco interpretato da Robert Pattinson con il discutibile brio che lo contraddistingue (basti precisare che per spacciare il suo accento come europeo, Corbet inizia facendogli bere del wihsky intorno a un tavolo da biliardo), ci si sente un po’ irritati, un sentimento che non fa altro che crescere quando nei titoli di coda si legge che il regista ha ringraziato (soprattutto) Jean-Paul Sartre, Robert Musil e Hannah Arendt, nientedimeno. È un peccato, perché ció che voleva essere una semplice ipotesi, ma ben illustrata, è risultata essere un po’ semplicistica.

Il film è coprodotto da Stati Uniti, Canada, Regno Unito (Unanimous Entertainment), Francia (MACT Productions), Ungheria (Filmteam Kft.), Belgio (Scope PicturesStudio L'Equipe) e Svezia (Hepp Film).

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(Tradotto dal francese)

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