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TRIESTE 2017

Liberation Day: una promessa che si autoavvera

di 

- L'artista norvegese Morten Traavik dirige non solo questo documentario sui Laibach in Corea del Nord, ma anche tutto il concerto a Pyongyang del gruppo

Liberation Day: una promessa che si autoavvera

L'artista e regista teatrale norvegese Morten Traavik è noto per le sue azioni artistiche provocatorie che da sempre hanno una forte componente politica. Le sue collaborazioni con artisti della Corea del Nord hanno suscitato scalpore nella società norvegese, ma il regista è il collegamento culturale autorizzato per quel Paese, quindi era la persona giusta - e forse l'unica - in grado di prendere la band slovena di culto Laibach per organizzare la prima performance assoluta di una band occidentale famosa nello stato totalitario. Traavik è andato a dirigere il concerto a Pyongyang e, insieme con il regista e montatore lettone Uģis Olte, il documentario Liberation Day, che racconta l'evento. Cineuropa ha assistito al film al Trieste Film Festival, dopo la sua prima all'IDFA.

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Dopo una breve introduzione al contesto, all'estetica e al messaggio politico dei Laibach, che è spesso semplicisticamente e stupidamente etichettato come "fascista" dai media occidentali, il film ci conduce a Pyongyang con la band e il loro staff di supporto tecnico. Vengono ricevuti con tutti gli onori, e i preparativi per il concerto hanno inizio. L'idea dei Laibach è di suonare i loro arrangiamenti delle canzoni di The Sound of Music - un raro film occidentale autorizzato e amato nel Paese.

Mentre i nordcoreani sembrano inizialmente desiderosi di concedere ai Laibach ciò di cui hanno bisogno, ben presto molti aspetti dello spettacolo in programma risultano problematici - le immagini fragorose, parti dell'iconografia (particolarmente controverso è l'iconico cappello del frontman Milan Fras), e il fatto che i testi coreani che hanno deciso di utilizzare in "Life Is Life" al posto di quelli originali tedeschi sono in dialetto meridionale, raramente sentito nel Nord. A ciò si aggiunge il livello di tecnologia di Pyongyang e la tecnologia che i Laibach necessitano per le loro performance, e si ottiene uno sfondo perfetto per un film documentario avventurosamente politico.

Traavik è la figura principale, mentre scopre le peculiarità della società nordcoreana attraverso gli "aiutanti" e i "sorveglianti" (a volte ci sono fino a 30 uomini che si aggirano durante le prove, senza far nulla in particolare) preposti a organizzare lo spettacolo con la band. In parallelo, il film include interviste spavalde con l'ideologo della band, Ivan Jani Novak, il provocatore di sempre, che ci ricorda che sia la band che la Corea del Nord sono erroneamente bollati come fascisti, e dal momento che sono entrambi incompresi, sono una coppia perfetta.

Laibach in Corea del Nord? Una promessa che si autoavvera. Entrambe queste entità portano un forte messaggio politico tramite un linguaggio molto simile, ma per scopi completamente diversi. Mentre l'uso da parte della Corea del Nord di simboli e propaganda è semplice e diretto, i Laibach li hanno, nel corso della loro carriera, rovesciati, al fine di sovvertire le idee delle società totalitarie. Cosa aspettarsi da questo documentario sul concerto del primo gruppo rock occidentale a Pyongyang? Un racconto immensamente coinvolgente, ben montato (con evidenti influenze di video musicale) e molto rifinito di un evento che è diventato storico semplicemente per il fatto che è accaduto.

Liberation Day è una co-produzione tra la norvegese Traavik.info e Norsk Fjernsyn, la lettone VFS Films, la slovena Staragara e la britannica Mute Records. Dogwoof ha i diritti internazionali.

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(Tradotto dall'inglese)

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