email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

CANNES 2018 Semaine de la Critique

Recensione: Chris the Swiss

di 

- CANNES 2018: Anja Kofmel racconta con lucidità e sensibilità la storia di suo cugino morto in circostanze misteriose durante la guerra d’indipendenza Croata

Recensione: Chris the Swiss

Selezionato alla Semaine de la Critique du 71e Festival di CannesChris the Swiss [+leggi anche:
trailer
intervista: Anja Kofmel
scheda film
]
di Anja Kofmel sorprende grazie ad un formato e ad un tema decisamente audaci.

Come le due mani di uno stesso irrequieto individuo, documentario e animazione (genere nel quale la regista si è diplomata alla prestigiosa Hochscule, Design & Kunst di Lucerna) danzano, un paso doble malinconico e disperato.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Se il primo genere si è da subito manifestato come un’evidenza, canale privilegiato per raccontare una storia personale dai risvolti tuttora incerti, il secondo, più epidermico, si è anche lui rivelato indispensabile. Confrontata all’incapacità di colmare a livello delle immagini i vuoti lasciati da una storia che la regista non ha vissuto che in modo indiretto (attraverso le discussioni dei suoi genitori quando era bambina, e più tardi grazie alle testimonianze di quanti sono rimasti, e le poche pagine del diario di suo cugino), è attraverso l’animazione che ha toccato il cuore del suo soggetto. 

E proprio nei momenti in cui Chris the Swiss si stacca dalla fredda analisi di una traiettoria vitale assurda per tuffarsi nei ricordi e nelle sensazioni della regista (via una serie di personaggi e luoghi onirici carichi di emozioni impalpabili, impossibili da esprimere verbalmente) che il film  acquista tutta la sua forza. Il punto di vista di Anja Kofmel, le sensazioni che sin dalla sua infanzia parassitano la figura di suo cugino, si scontrano con la brutalità delle immagini d’archivio (il cadavere di Chris all’obitorio, i morti abbandonati fra le strade di Sarajevo) risvegliano nello spettatore un immenso senso d’indignazione misto a vergogna.

Come tutto ciò è potuto accadere? Com’è possibile che nessuno abbia impedito un tale massacro? Cosa si nasconde davvero dietro quest’assurdità? Queste e tante altre sono le domande (scomode) a cui Chris ha cercato di dare una risposta, guidato da un’ingenuità e da uno stordimento che si sono rivelati fatali. Come un giornalista svizzero si è potuto trovare immischiato in un conflitto “sporco” (come lo descrivono numerosi testimoni e suoi ex colleghi) come quello nel quale ha deciso di tuffarsi a capofitto? Possibile che il suo idealismo sia stato così ottuso da portarlo dritto verso il patibolo, prigioniero cosciente di un gruppo di mercenari folli ed egomaniaci?

Attraverso un’indagine minuziosa e coraggiosa che intreccia fatti e misfatti, sensazioni e presentimenti (impersonificati da misteriose creature-ombra che sbucano dal nulla ingoiando tutto quello che incontrano sul loro cammino) Chris the Swiss mette in luce la contagiosa follia che divora cuore e cervello di quanti la guerra la vivono in prima persona. Sebbene Chris non sia arrivato a Sarajevo da novellino, la realtà che si è presentata davanti ai suoi occhi: corrotta ed insensata, ha avuto la meglio sul suo idealismo trasformandolo in una sorta di istinto suicidario. 

Chris the Swiss parte da una storia personale per mette in luce qualcosa d’universale: l’ambiguità e il brutale bisogno d’esistere (portato da un’ideologia che si trasforma in pretesto) che vive in ognuno di noi, nel bene ma soprattutto nel male. Una vera rimessa in questione di ciò che ci rende (malgrado tutto) umani.

Chris the Swiss è prodotto da Samir della svizzera Dschoint Ventschr, insieme alla croata Nukleus Film e alla tedesca Ma.ja.de. Filmproduktions.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy