email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2018 Fuori concorso

Recensione: Black 47

di 

- BERLINO 2018: In un film dalle buone intenzioni, ma non del tutto riuscito, presentato fuori concorso, il regista irlandese Lance Daly comincia parlando della Grande Carestia e finisce con un western

Recensione: Black 47
James Frecheville in Black 47

Nel guardare Black 47 [+leggi anche:
trailer
intervista: Lance Daly
scheda film
]
di Lance Daly, presentato fuori concorso al 68° Festival di Berlino, è difficile non pensare a Brimstone [+leggi anche:
recensione
trailer
Q&A: Martin Koolhoven
scheda film
]
– l’opera recente di Martin Koolhoven sull’iconografia western, che vedeva il predicatore Guy Pearce dare incessantemente la caccia a Dakota Fanning. Questa volta tocca a James Frecheville di Animal Kingdom, nel ruolo del disertore Martin Feeney che, dopo aver combattuto per l'esercito britannico all'estero, torna finalmente in Irlanda ma ciò che trova è la sua famiglia sterminata e il suo paese sull'orlo del baratro. Spinto all'estremo, si imbarca in una vendetta punteggiata da orribili morti e gare di sguardi con Hugo Weaving, che interpreta un uomo mandato a fermarlo. Ma mentre i due film condividono alcune somiglianze e difetti – per non parlare di una gamma di colori piuttosto desolante – la fascinazione di Daly per il genere è certamente molto meno ovvio.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ciò è dovuto principalmente al fatto che il suo sesto lungometraggio è anche uno sguardo a un momento particolarmente doloroso nella storia irlandese: la Grande Carestia, un periodo di epidemia, fame ed emigrazione di massa che durò dal 1845 al 1849 e che costò la vita ad almeno un milione di persone. Di certo Daly non esita a mostrare cosa questa tragedia inattesa abbia davvero significato per l'Irlanda e i suoi cittadini, privati di tutto e lasciati morire da un governo indifferente. Ma poi decide di accompagnare tali dettagli con personaggi leggermente fumettistici, scene di violenza esagerata che non sfigurerebbero in un thriller di Jo Nesbø, e con la colonna sonora eccessivamente entusiastica di Brian Byrne, che sembrerebbe composta per eventi molto più eccitanti di quelli visti sullo schermo. E’ che, come sembra sottolineare in ogni momento, non si tratta solo di un altro dramma d'epoca.

Questo è encomiabile, essendocene stati molti, ma non necessariamente raccontati da questa particolare prospettiva. Non si può negare, tuttavia, che gli strani cambiamenti di tono non sempre funzionano e anche gli attori più esperti semplicemente non riescono a dare il meglio di sé, con i loro personaggi che sembrano essere usciti fuori da una descrizione di una sola frase, piuttosto che esseri umani reali. Stephen Rea, nato a Belfast, se la passa meglio di altri e si aggiudica le battute migliori. "La bellezza sarebbe tenuta in grande considerazione se potesse essere mangiata", dice a un certo punto, aggiungendo un certo umorismo secco all’azione. Ma questi momenti di leggerezza sono rari, e il viaggio virtuoso di Feeney alla fine non porta da nessuna parte. Un nobile sforzo, quindi, ma non molto altro.

Black 47 è prodotto da Macdara Kelleher, Tim O’Hair, Arcadiy Golubovich e Jonathan Loughran per l’irlandese Fastnet Films e la struttura americana Primeridian Production, in associazione con l’Irish Film Board, e in coproduzione con la lussemburghese Samsa Film, la belga Umedia e Sea Around Us. Il film è supportato dal Film Fund Luxembourg, la Broadcasting Authority of Ireland ed Eurimages, e le sue vendite internazionali sono affidate ad Altitude Film Entertainment

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy