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LECCE 2018

Recensione: Rudy Valentino

di 

- Il regista Nico Cirasola racconta il ritorno del celebre divo del cinema muto in Puglia, sua terra natale, intrecciando in modo visionario presente e passato

Recensione: Rudy Valentino
Alessandro Haber, Tatiana Luter e Pietro Masotti in Rudy Valentino

Rodolfo Valentino è stato il primo grande divo della storia del cinema. Ma non è sui set di Hollywood, che lo hanno consacrato al ritmo di cinque-sei film all’anno, bensì nella sua terra natale, la Puglia, che sceglie di ritrarlo il regista suo corregionale Nico Cirasola, partendo da un fatto vero – il ritorno di Valentino nel suo paese, Castellaneta in provincia di Taranto, nel 1923, all’apice del suo successo mondiale – per immaginare le gioie e i dolori di un emigrante di lusso, diventato l’emblema del sogno americano mentre l’Italia piombava nel fascismo. Rudy Valentino [+leggi anche:
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, film d’apertura del 19° Festival del cinema europeo di Lecce (9-14 aprile) è un omaggio decisamente poco convenzionale al “divo dei divi”, scomparso a 31 anni: intreccia realtà e fantasia, presente e futuro, catapultando il celebre latin lover ai giorni nostri e mettendone in luce lati oscuri e contraddizioni. 

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Tutto parte nel presente, da uno spettacolo che un ostinato e appassionato capocomico (Nicola Nocella, visto di recente in Easy - Un viaggio facile facile [+leggi anche:
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) sta allestendo sulla visita a Castellaneta di Rodolfo Valentino, con una compagnia teatrale amatoriale un po’ sgangherata (in cui vediamo anche Alessandro Haber). A un certo punto, irrompe sul palco un uomo bello ed elegante con una raffinata donna americana al suo fianco, vestiti come negli anni Venti: sono Rudy Valentino in persona e sua moglie Natacha Rambova, interpretati da un azzeccato Pietro Masotti (L’estate di Martino [+leggi anche:
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, 10 regole per fare innamorare
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) e da Tatiana Luter (L'estate addosso [+leggi anche:
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). Dopo lo sgomento iniziale, la realtà comincia a mescolarsi con la finzione, e da lì in poi il film alternerà le prove dello spettacolo con ricostruzioni del passato, in un andirivieni costante tra il secolo scorso e oggi. 

Al centro di tutto c’è il viaggio di Rudy, emigrato a 18 anni negli Stati Uniti, nelle sue radici. Dice Cirasola: “L’ho immaginato al centro delle contraddizioni del sogno americano: il viaggio dell’emigrante dal sud Italia, il sogno realizzato della popolarità, il fascino del seduttore. Ma anche il rovescio della medaglia: la nostalgia del paese d’origine, lo scontro familiare, il provincialismo, la delusione”. La visita di Valentino nella sua terra, da occasione straordinaria per ritrovare i suoi affetti (tra cui l’amata zia interpretata da Claudia Cardinale e il fratello maggiore cui presta il volto Luca Cirasola) si tramuta piano piano in una sorta di incubo, tra la devozione sfrenata dei suoi conterranei che non fanno altro che chiedergli di ballare il tango per loro, e le critiche al suo aspetto effeminato, alla sua disinibita moglie, al fatto di essersene andato a fare la bella vita in America mentre la sua famiglia affondava nei debiti. E poi i pregiudizi, l’arretratezza, i richiami al Duce…

Il passaggio continuo da ieri a oggi, molto marcato anche fotograficamente, non sempre giova al film, la cui disomogeneità ostacola l’empatia dello spettatore. Scritto dal regista con Lucia Diroma e Luigi Sardiello, Rudy Valentino è comunque un’opera insolita e audace, sicuramente apprezzabile per l’attualità del suo tema (i giovani costretti a lasciare la propria terra e la nostalgia che si portano dietro), un film sul prezzo da pagare per inseguire i propri sogni, un’ode a chi nella vita ha il coraggio di osare. 

Prodotto da Alessandro Contessa per Bunker Lab e da Mediterranea Film, Rudy Valentino uscirà nelle sale italiane a maggio. Il film aveva avuto la sua prima mondiale al 20° Shanghai International Film Festival.

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