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BIF&ST 2018

Recensione: The Last Note

di 

- Il film di Pantelis Voulgaris sulla fucilazione di 200 partigiani greci durante l’occupazione nazista si concentra sulla dignità degli uomini, con effetti ultra drammatici. In concorso al Bif&st

Recensione: The Last Note
Melia Kreiling e Andreas Konstantinou in The Last Note

“Padre nostro che sei nei cieli, non perdonarli per questi peccati”. Così recita uno dei prigionieri del campo di concentramento di Chaidari, nella regione dell’Attica, in Grecia, mentre assiste all’ennesima brutalità inflitta dagli occupanti tedeschi a uno dei tanti partigiani greci lì rinchiusi. Siamo nel 1944, i detenuti del campo sopportano con dignità violenze e soprusi, mentre là fuori la resistenza miete vittime. Ed è proprio l’uccisione di quattro nazisti da parte dei partigiani greci e la successiva rappresaglia tedesca che vedrà 200 uomini di quel campo fucilati a Kaisariani, il 1° maggio del ’44, al centro di The Last Note [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
del veterano regista greco Pantelis Voulgaris, proiettato nel concorso Panorama Internazionale del 9° Bif&st - Bari International Film Festival (21-28 aprile).

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Se la prima parte del film è incentrata sulla vita nel campo, col suo corollario tristemente noto di ufficiali tedeschi urlanti, scudisciate, minacce, oltraggi, esecuzioni sommarie, insomma, tutta la disumanità del nazismo già mostrata in tanta cinematografia, è nella seconda parte che The Last Note lascia davvero il segno, quando, ormai condannati a morte, questi uomini tirano fuori tutto il loro orgoglio e la loro disperata vitalità. Il racconto non trascura mai il lato emozionale: i flashback dei prigionieri di quando la loro vita era bella e piena d’amore, le visite nel campo di mogli e figlie, le separazioni forzate, non fanno che sottolineare quanto tutte queste persone abbiano da perdere, in questa guerra insensata. E quando una possibilità di salvezza si intravede per il protagonista Napoleon (Andreas Konstantinou) e per la sua innamorata (incarnata da Melia Kreiling), ma al costo di tradire i suoi compagni (a proporglielo è il comandante nazi interpretato dall’attore tedesco André Hennicke, in virtù del ruolo di Napoleon come traduttore), davvero lo spettatore ha un attimo di esitazione e di sconcerto, davanti a un dilemma così impossibile.

Quando tutto è perduto, e ormai la fucilazione è solo un ordine da eseguire, Voulgaris e la sua co-sceneggiatrice (e moglie) Ioanna Karystiani scelgono di rallentare il ritmo del film, di dilatare i tempi, creando un pathos crescente: a partire dall’elenco minuzioso dei 200 nomi di chi sarà giustiziato, alla lunga scena di danze e canti tradizionali cui si abbandonano i prigionieri la sera prima dell’esecuzione e che risuonano nella stanza dove i compassati ufficiali delle SS consumano la loro cena, fino ai preparativi per morire “belli” e alla parte della fucilazione vera e propria, di cui non ci viene risparmiato quasi nulla, a venti uomini per volta, con un ampio utilizzo del rallenti. L’effetto è ultra drammatico, voluto, cercato, persino ostentato. Qualcuno direbbe “strappalacrime”. Ma in fondo, è così che bisognerebbe uscire dalla visione di una storia di guerra e di vite spezzate: con le lacrime agli occhi. 

The Last Note è una produzione di Yannis Iakovidis per Black Orange, coprodotta da COSMOTE TV e Little England S.A., con il supporto del Centro cinematografico greco.

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