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VENEZIA 2018 Biennale College Cinema

Recensione: Deva

di 

- VENEZIA 2018: Presentato nell’ambito di Biennale College insieme ad altri due progetti, il film d'esordio di Petra Szőcs è appena abbozzato ma promette bene per il futuro

Recensione: Deva

In Deva [+leggi anche:
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intervista: Petra Szőcs
scheda film
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, storia di un’albina orfana, Kató, la cui vita ordinaria in un piccolo paese della Romania cambia con l’arrivo di una nuova volontaria, Bogi (e dopo essere rimasta folgorata dall’asciugacapelli), la poetessa Petra Szőcs non racconta i fatti in modo esplicito. Nonostante la trama, e certamente l’ambientazione, sembrino suggerire in qualche modo una tragedia socio-familiare, Deva rimane un film molto sfuggente. Con un personaggio dall’espressione cupa, che immediatamente cattura l’attenzione per via di uno sguardo che fa rabbrividire, provando poi goffamente a scrollarsi tutto di dosso, la pellicola si rivela fino alla fine un vero mistero, dato che nessuna conclusione né consiglio ci viene dato. Il film è proiettato nell’ambito di Biennale College alla Mostra del cinema di Venezia

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Ispirandosi a una persona realmente esistita, anche lei di nome Kató e brevemente lasciata intravedere all’inizio del film, la Szőcs ha scelto invece di lavorare con Csengelle Nagy, ed è, naturalmente, soddisfatta della sua scelta. A volte, Deva sembra essere un unico infinito primo piano, che celebra il viso della Nagy e i suoi diversi atteggiamenti nel tempo. È interessante come la regista, non estranea ai festival più prestigiosi grazie ai suoi acclamati cortometraggi, decida di avvicinarsene – soprattutto mentre il suo personaggio sembra volerla tenere a distanza a tutti i costi. Sebbene chiaramente affascinata dalla nuova volontaria, il legame tra le due pian piano cresce, come ogni altra relazione nella vita di Kató, punteggiata da estranei che vanno e vengono, lasciando il segno solo raramente.

Deva è un film sullo stato transitorio tra infanzia e adolescenza e la sua bizzarra ambiguità”, ha affermato la regista, e forse non c’è cosa più azzeccata del fatto che il suo lungometraggio di debutto si trovi proprio "nel mezzo", essendo più un abbozzo che un film vero e proprio. Ma qui c’è tenerezza e una completa mancanza di superiorità con cui lei guarda i suoi confusi protagonisti, che promettono bene per il futuro. Seppur temuto (a ragione) da ogni giornalista, nel caso della sua ultima fatica,  il classico mantra “voglio che il mio film ponga domande, non che dia risposte”, sembra alla fine acquistare un significato.

Selezionato per il Biennale College, che si è svolto per il sesto anno consecutivo, il film ungherese Deva è stato prodotto da Péter Fülöp, di FP Films. La compagnia francese Wide Management si occupa delle vendite estere.

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(Tradotto dall'inglese da Giada Saturno)

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