Recensione: Ricardo et la peinture
- Dopo aver concluso la sua "Trilogia del Male", Barbet Schroeder sceglie di zoomare sulla vita di un'anima gentile, un pittore di talento e uno dei suoi più cari amici
Il nuovo documentario di Barbet Schroeder, intitolato Ricardo et la peinture [+leggi anche:
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scheda film]), il veterano filmmaker svizzero intraprende un viaggio pacato e culturalmente arricchente con uno dei suoi più cari amici, il pittore di Buenos Aires Ricardo Cavallo.
Nella scena iniziale vediamo l'anziano pittore arrampicarsi su alcune rocce ed entrare in una grotta, mentre tiene in mano la sua tavolozza, i suoi pennelli e il suo cavalletto. È un momento bellissimo, che sembra quasi bastare a dirci quanto sia forte il legame tra Cavallo, l'arte della pittura e la meravigliosa natura che lo circonda.
Scopriamo che l'artista argentino è un uomo tranquillo e modesto, che accompagna ogni pasto con il riso (gli dà tutta l'energia di cui ha bisogno, dice) e che è riuscito a trasmettere la sua passione a molti bambini che vivono nel suo villaggio. È sicuramente un personaggio molto stimolante e gentile e un grande conoscitore della storia dell'arte.
Qual è allora il problema di questo film? Non c'è, o meglio, il problema è la mancanza di un conflitto coinvolgente, che rende la visione essenzialmente piatta e dal ritmo lento. In altre parole, il film finisce per essere una lunga lezione di storia dell'arte in cui Cavallo rivela qualcosa sul suo lavoro, sulle sue fonti di ispirazione e su alcuni grandi pittori del passato come Monet, Delacroix, Velázquez e Caravaggio, e lo fa a ruota libera. Anche quando l'artista ci parla delle sue difficoltà, queste sono sempre viste in chiave positiva (o addirittura non come vere e proprie sfide) e come qualcosa di lontano nel tempo. Non esprime alcun cruccio, ad esempio, per il fatto di aver lavorato duramente come addetto alle pulizie per un'agenzia pubblicitaria e di aver dormito per lungo tempo sul pavimento. È un tipo di resilienza umana sicuramente encomiabile ma che, ancora una volta, mostra ogni lotta come già risolta e parte di un aneddoto autonomo.
Ciò che funziona meglio sono le sequenze di osservazione, in cui Cavallo è lasciato solo a lavorare alla sua prossima tela, interagendo sporadicamente con l’ambiente, accompagnato dalla dolce colonna sonora di Hans Appelqvist. Man mano che il film procede, tende a diventare sempre più prolisso, soprattutto durante i due lunghi incontri con il collezionista d'arte, avvocato e viticoltore Philippe Pech de Laclause, e successivamente con il gallerista Pierre Astier.
In conclusione, Ricardo et la peinture finisce per essere un ibrido tra un documentario televisivo, informativo ma privo del ritmo tipico di questo formato, e un documentario d'essai non compiuto, che combina sequenze osservative, interviste molto misurate e conversazioni casuali tra il regista e l'artista.
La sequenza finale sottolinea ciò che possiamo imparare dal modo di pensare e dalla devozione all'arte di Cavallo. È un'ottima chiusura, sia dal punto di vista visivo che narrativo, ma risulta piuttosto incoerente rispetto a quanto visto per la maggior parte dei 90 minuti precedenti.
Ricardo et la peinture è stato prodotto dalle francesi Bande à Part Films e Les Films du Losange, in coproduzione con RTS Radio Suisse Romande e SRG SSR. Les Films du Losange è anche responsabile delle vendite internazionali del documentario.
(Tradotto dall'inglese)
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