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SOLETTA 2024

Recensione: 8 Days in August

di 

- Il secondo lungometraggio di Samuel Perriard mette in scena una famiglia alle prese con tensioni interne a lungo represse che esplodono durante una vacanza nel sud dell’Italia

Recensione: 8 Days in August
Julia Jentsch e Florian Lukas in 8 Days in August

Dopo aver attirato l’attenzione di critica e pubblico grazie al suo provocatorio film d’esordio Black Panther – The Story of Emilie and Jacob che mette in scena la relazione proibita tra un fratello e una sorella, Samuel Perriard continua ad esplorare le zone d’ombra di famiglie in apparenza senza macchia con il suo secondo lungometraggio 8 Days in August [+leggi anche:
intervista: Samuel Perriard
scheda film
]
, presentato all’Hof International Filmfestival e proiettato alle Giornate di Soletta, nella sezione Visioni. I protagonisti sono questa volta una coppia di quarantenni alle prese con dinamiche famigliari che si rivelano più complesse di come sembra in apparenza. Come nel caso di Black Panther la società è all’oscuro dei sentimenti profondi che legano (o separano) i protagonisti, come se il microcosmo nel quale sono (volontariamente) imprigionati fosse accessibile solo a coloro che l’hanno costruito. 8 Days in August mette in scena il momento di rottura nel quale le apparenze lasciano il posto ai conflitti e la perfezione borghese alla spontaneità di un’umanità teneramente imperfetta.

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Come ogni anno, sorta di tradizione consolidata che non può essere messa in discussione, Helena (Julia Jentsch) e Adam (Florian Lukas) trascorrono le vacanze estive con il figlio Finn (Finn Sehy), accompagnati dai loro vecchi amici Ellie (Sarah Hostettler), Matti (Sami Loris) e il loro figlio adolescente Luca (Yaron Andres). I paesaggi dell’Italia del Sud diventano per qualche giorno il loro paradiso privato dove dimenticare le tensioni e lo stress di una quotidianità diventata soffocante. Alla fine di una giornata passata in spiaggia, un avvenimento imprevisto stravolge però questa idilliaca quietudine. Sulla via di casa, Finn si accascia a terra, svenuto. Obbligato a rimanere in ospedale, l’adolescente preferisce ignorare l’accaduto decidendo di non svelare cosa possa aver causato l’improvviso malore. I medici lo lasciano tornare a casa ma i dubbi su cosa sia realmente accaduto aleggiano nell’aria in modo ossessivo. Dopo quest’incidente, le dinamiche famigliari ma anche l’apparente intesa e armonia tra le due coppie sembrano aver lasciato il posto ai non detti e ai sospetti, come se l’accaduto mostrasse improvvisamente le imperfezioni di vite non poi così perfette. Anche il rapporto tra Adam e Helena si sgretola gradualmente trasformandosi in conflitto sotterraneo. I dubbi riguardanti la causa scatenante dello svenimento di Finn non fanno che amplificarsi e l’armonia dei primi giorni di vacanza svanisce come neve al sole.

Il film mette in scena otto giorni di vacanza che si trasformano in vero e proprio calvario, in guerra psicologica che spinge i partecipanti a confrontarsi con emozioni oscure a lungo represse. In 8 Days in August il concetto stesso di famiglia, così come la società eteropatriarcale lo concepisce, è analizzato in modo al contempo clinico e profondo mettendone in avanti le assurdità e le contraddizioni. Malgrado un’apparente modernità e apertura, anche la coppia formata da Adam e Helena deve confrontarsi con le zone d’ombra di una felicità imprigionata nelle apparenze. Senza giudicarla ma mostrandola semplicemente in tutta la sua violenta e soffocante “normalità”, la famiglia eteronormativa viene messa, nel film, a dura prova.

8 Days in August è prodotto da Catpics, Helios Sustainable Films SRL, SRF Schweizer Radio und Fernsehen e SRG SSR.

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