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Press Review

" (un film)... profondamente disturbante, girato superbamente, che colpisce nel segno con una stilettata di terrore. (...)
Le interpretazioni di Auteuil e di Juliette Binoche, nel film sua moglie, sono eccezionali, e la splendida e glaciale regia di Haneke non ha rivali a Cannes"
Peter Bradshaw, The Guardian, 5/16/2005

"(...) Se Michael Haneke prendesse sul serio il suo talento per l’horror, avremmo un artista di meno e un bravo mestierante in più. Quando si mette d’impegno, come ogni tanto gli capita, i brividi li provoca, con pochi e semplici mezzi (...)"
Mariarosa Mancuso, Il Foglio

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" (Haneke) ha presentato un grande film, che è contemporaneamente un thriller e una riflessione sul potere dell´ immagine, sulla capacità delle immagini di generare sensi di colpa. Non a caso il protagonista, Georges (Daniel Auteuil), conduce un programma culturale alla tv. (...) Più "scritto" di altri film del regista, Caché (Nascosto) è anche un apologo sul potere della parola. Dove ogni parola ha un suo peso specifico e dove il detto e il non detto scavano un solco sempre più profondo tra (i personnaggi)."
Roberto Nepoti, La Repubblica

"(...) Haneke svela anche una padronanza di stile da regista classico: si prende i suoi tempi, indugia nel contemplare a lungo un’inquadratura vuota, mescola il cineracconto con il videoreferto; ma soprattutto, grazie in particolare a un miniaturista della psicologia qual è Auteuil, ci fa vedere al microscopio come la vita quotidiana può tramutarsi in un incubo.
Nascosto dietro la finzione, Caché fa affiorare un problema che coinvolge tutti: chi di noi è veramente innocente, chi non ha nel proprio passato qualcosa di cui porterà per sempre eterno rimorso? (...)"
Tullio Kezich , Il corriere della sera

"E' un film inquietante e misterioso che lascia che le domande che pone rimangano senza risposta, consumando in questo modo l'interesse dello spettatore a comprendere cosa stia accadendo sullo schermo. Alla fine della proiezione, c'è stato qualche applauso, ma il sentimento più diffuso era quello dello stupore per la brusca conclusione, la maggior parte degli spettatori semplicemente non era in grado di reagire".
Diego Galàn, El paìs, 5/15/2005

"Caché di Haneke è un film pieno di zone d'ombra che un collega austriaco ha definito in modo molto appropriato (…): un film dalla trama interessante ma mal realizzato. La materia prima di Haneke è una filosofia pesante ed un pensiero che si vuole 'intellettuale’ (…)
Haneke prova a carpire la nostra attenzione con un racconto di suspense che ne è crudelmente privo; è tutto così scopertamente ambiguo e aperto che il film finisce per perdere tensione e impatto drammatico. Allo stesso tempo, Haneke crea, una volta di più, uno spazio dove vengono presentati differenti tipi di immagine, video casalinghi e film, verità e menzogna, ma il risultato è una riflessione resa oscura da una trama opaca alla quale manca la forza e la vitalità dei film precedenti, come Funny Games."
Manuel Yañez Murillo , Miradas de Cine n°39

"Non deve essere facile parlare di ansia, senso di colpa, del riaffiorare dei ricordi più oscuri del proprio passato e del terrore del “cosa ci sia dall’altra parte”. Haneke ci prova e fa drizzare i capelli in testa, malgrado una sceneggiatura e dei personaggi ordinari, quotidiani, quasi banali – all’opposto di ciò che continuamente minaccia di esplodere sotto la superficie. Sembra che ciò che si dice, si pensa, si fa non abbia molta importanza; c’è sempre qualcosa sotto la superficie...e Haneke lo sa bene."
Borja Hermoso, El mundo

"Alla stregua di altri film sui perversi effetti dei media come The Ring, seppure in modo meno spettacolare, il film di Haneke sviluppa con forza l’argomento « film nel film/film e video ». Non solo la storia è completamente aperta, ma non si sa mai chi sia a ‘raccontarla’"
Der Standard, 5/17/2005

"Caché è una favola sulla responsabilità dell'individuo nei confronti della Storia. Non si tratta più di 'essere o non essere', ma di sapere o non sapere. Di dimenticare o di ricordare. Scegliere tra l'esistenza e l'inesistenza. Tenendo bene a mente che, come diceva Checkov, anche il più piccolo tradimento può distruggere una vita, giacché un atto di viltà conduce necessariamente al successivo sino al progressivo annientamento della coscienza. La perdita dell'anima, in qualche modo. Come per contagio le colpe dei padri ricadono sui figli, si dice; in Haneke, è il vuoto che ricade e si concentra su questi essere umani, dei non-morti, dei poveri ingenui che credono di proteggersi dagli altri sfuggendo a se stessi."
Pierre Murat, Télérama, 15 mai 2005

"Caché è un secondo grande momento di cinema in un inizio festival ancora un pò fiacco. Ciò che colpisce alla fine del film è come l’autore austriaco si pone, in linea con quanto già espresso in Benny’s Video o Funny Games, in un universo completamente « francese ». Quest’opera, giocando magnificamente sui registri dell’angoscia, costituisce un innesto perfettamente riuscito rispetto a questa tendenza. Girato con quei piani-sequenza così amati da Haneke o con quelle inquadrature fisse che mischiano realtà, immaginario e simbolico, l’insieme sovrappone diversi livelli di lettura successivi, dell’intimità, della coppia, della storia, dei figli divenuti padri e dei loro rispettivi figli, in un dispositivo dove la superficie è continuamente increspata dall’irruzione di "un’inquietante estraneità". "
Michel Guilloux, L'Humanité, 17 mai 2005

"Caché sottolinea la necessità, di un uomo, di operare un flashback terapeutico e, per estensione, di un popolo, di guardare in faccia il proprio passato. Questo straziante dramma individuale acquisisce una dimensione universale.
Il tradimento del piccolo borghese francese nei confronti dell’arabo, supera l’episodio aneddotico dei fratelli nemici per ergersi a simbolo dell’ipocrisia delle relazioni Nord-Sud. Ancora, si troverà una messa in scena della violenza (il film contiene una stupefacente scena di suicidio), e la prospettiva dell’eredità delle viltà del passato. A questo riguardo, l’ultima inquadratura del film era un rebus a cui ciascuno a Cannes ha dato soluzioni diverse. Nulla poteva essere più gradito ad Haneke."
Jean-Luc Douin, Le Monde, 16 mai 2005

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