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FILM / RECENSIONI

Bibliothèque Pascal

di 

- La prostituzione vista attraverso la bizzarra immaginazione di una donna dell'Europa dell'est nel quarto lungometraggio di Szabolcs Hajdu

Dove c'è il fumo, c'è anche il fuoco. Tutte le storie, per quanto bizzarre possano essere, hanno un fondamento reale. E' questa la premessa dell'impressionante quarto film dell'ungherese Szabolcs Hajdu, Bibliothèque Pascal [+leggi anche:
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intervista: Szabolcs Hajdu - regista
intervista: Szabolcs Hajdu
scheda film
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, che racconta, sotto forma di favola crudele, la spaventosa storia di una donna finita in un giro di prostituzione.

In una delle scene chiave di Bibliotheque Pascal, la protagonista Mona (interpretata da Orsolya Török-Illyés, moglie del regista), metà romena e metà ungherese, partecipa a una festa di un non meglio specificato paese dell'Europa dell'est e racconta una storia fantastica, piena di angeli e meraviglie, che cattura il pubblico. Mona è chiaramente una narratrice nata. Come un gioco di specchi, alla fine del film vediamo la zia di Mona, Radica (impersonata dalla veterana attrice romena Oana Pellea), che vende i biglietti per assistere a una performance narrativa favolosa (in tutti i sensi) ad opera della figlioletta di Mona, Viorica (Lujza Hajdu): un numero incredibile di cui pochi sarebbero capaci, ma di cui si è già avuto un assaggio con il padre della piccola, un fuggiasco bello quanto rozzo e omofobo (Andi Vasluianu).

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In entrambi i casi, l'idea di spettacolo domina in superficie (ed è un elemento indubbiamente importante). Ma queste scene illustrano innanzitutto che ciò che Mona e Viorica raccontano sono trasposizioni di storie più occulte, storie troppo terribili per raccontarle direttamente o nei dettagli.

Il luogo che dà il suo titolo enigmatico a Bibliothèque Pascal è un club di Liverpool dove si vende sesso e dove Mona è costretta a lavorare dopo essere stata venduta a un'organizzazione. Questo club è gestito da un gentiluomo dandy di nome Pascal (Shamgar Amram) che, come molti personaggi di questo film, nasconde, sotto un'apparenza impeccabile, tendenze crudeli.

In una narrazione edulcorata della realtà, questo club non ha niente di losco: è frequentato da intellettuali e da membri dell'alta società britannica. Le donne, gli uomini e i bambini proposti ai clienti hanno ciascuno la loro camera, ognuna ispirata a romanzi e celebri pièce. Mona è inizialmente sistemata nella stanza dedicata a Giovanna d'Arco, dove le tocca recitare alcuni passaggi della pièce di George Bernard Shaw (benché, al suo arrivo, non parli una parola di inglese). Qui, il modo di rivestire di rispettabilità la perversione sessuale attraverso i libri, che sono manifestazioni concrete dell'atto del narrare, dimostra una grande inventiva.

La maniera in cui Hajdu alterna realtà e fantasia, riferimenti popolari e intellettualismi, educazione e istinto, è valorizzata dalla spettacolare fotografia di Andras Nagy, il quale evidenzia gli aspetti della narrazione attraverso scene superbamente coreografate che, prendendo le distanze dagli avvenimenti, aiutano lo spettatore a ricordare, fino al sorprendente epilogo, che ciò che sta vedendo è soltanto una storia.

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