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BERLINALE 2013 Concorso / Germania / Francia / Paesi Bassi / Sudafrica

Layla Fourie, onesta bugiarda

di 

- Il film di Pia Marais evolve tra verità e menzogna e tra bianchi e neri

Con il suo terzo lungometraggio Layla Fourie [+leggi anche:
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, presentato in concorso al Festival di Berlino, la sudafricana Pia Marais, che ha vissuto anche in Svezia e in Spagna e ha studiato ad Amsterdam, Londra e Berlino, continua a produrre un cinema itinerante in cui spiccano personaggi isolati: in questo caso, il personaggio principale è una madre single murata, con la complicità del suo giovane figlio, nel silenzio e nella menzogna.

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Eppure, al colloquio di lavoro con macchina della verità che accompagna i titoli di testa del film, Layla (Rayna Campbell), una madre single nera di Johannesbourg ansiosa di guadagnarsi da vivere, dimostra di avere l’integrità necessaria per diventare una poligrafa professionista. Dice anche di credere che non esista una via di mezzo tra verità e menzogna, e che quest’ultima si presenta sempre come una pericolosa spirale. Viene assunta subito e mandata in missione a diversi giorni d’auto da Johannesbourg. Dato che il padre del piccolo Kane preferisce non occuparsene in sua assenza, la donna parte accompagnata dal figlio e guida a lungo. Madre e figlio sono quasi arrivati quando avviene un terribile incidente: investono un animale e un uomo bianco di età matura. Sotto gli occhi del figlio, paralizzata dalla paura davanti ai due corpi che respirano ancora, Layla finisce la bestia e cerca di portare il ferito grave in ospedale, che è chiuso, e poi al commissariato di polizia, dove il suo colore e quello della vittima la scoraggiano ad andare fino in fondo. Nel frattempo l’uomo muore, così la donna decide di abbandonarlo in una discarica.   

Sul posto, mentre Kane tenta di sfuggire continuamente alla sua sorveglianza, Layla cerca di portare a termine la sua missione, che consiste nell’aiutare un grande casinò ad assumere diversi onesti impiegati, tra cui un autista. Per quest’ultimo posto, si presenta Eugene, interpretato da August Diehl. Malgrado le reticenze di Layla, che si sente in dovere di mantenere rapporti esclusivamente professionali, il giovane uomo bianco la invita, insieme a suo figlio, a farsi accompagnare in macchina, poi a restare a cena dalla sua matrigna. Layla scopre poco a poco che Eugene e quest’ultima sono preoccupati per la scomparsa improvvisa del loro padre e marito, che corrisponde alla descrizione dell’uomo che ha investito. Dopo aver fatto promettere a Kane di mantenere il segreto su quanto successo la notte precedente, pecca inizialmente di omissione. Ma i sospetti di Eugene e l’arresto da parte della polizia di un possibile "colpevole" la costringono a tradire la verità, e il legame che stringe con lui renderà il segreto sempre più insopportabile. 

Divisa tra la sua naturale integrità e i suoi doveri nei riguardi del figlio (quello di mantenere la promessa del silenzio ma anche di non essere considerata come una criminale e far sì che glielo portino via), Layla soffoca, di modo che gran parte del film trascorre scrutando i suoi atteggiamenti e il modo in cui la verità affiora negli inquietanti sospetti di Eugene e della matrigna, dando un contorno strano all’amicizia che nasce fra di loro. Il tutto è complicato dal contrasto netto fra i colori diversi della loro pelle, vero motivo alla base della scelta di Layla di non confessare.

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(Tradotto dal francese)

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