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PARIS CINÉMA 2013

Lifelong: l’ombra della disintegrazione dell'amore

di 

- Dopo l'apprezzato Men on the Bridge, la turca Asli Ozge conferma il suo talento con la sua seconda opera, in concorso a Paris Cinéma

Molto apprezzata per il suo primo lungometraggio Men on the Bridge [+leggi anche:
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(selezionato fra gli altri a Locarno e Toronto nel 2009), la regista turca Asli Ozge conferma il suo talento con la sua seconda opera, Lifelong [+leggi anche:
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, passato per il Panorama della Berlinale 2013 e proiettato ieri in concorso all'11mo festival Paris Cinéma. Incentrato sul tema classico dell'usura di una coppia, la cineasta riesce a imporre con decisione il suo stile delicato formalmente compiuto e arricchito da una fine percezione dei non detti, dall'intensità dei silenzi e dalla profondità sfumata dei volti.

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Ela (Defne Halman) e Can (Hakan Cimenser) formano una coppia di quarantenni con una posizione solida nella vita. Residenti nel quartiere chic di Nidantasi a Istanbul, sono realizzati nei rispettivi lavori di artista contemporanea e di architetto, guardano crescere senza preoccupazioni la loro figlia che si è trasferita ad Ankara, e si amano ancora come sembra attestare il corpo a corpo che apre il film. Certo, la comunicazione tra loro è al minimo, ma ciò non ha niente di veramente sorprendente per una coppia che si rifugia da lungo tempo nelle sue confortevoli abitudini. Pertanto, un'ombra aleggia e si materializza con la scoperta fortuita da parte di Ela di un segreto di suo marito. Quale? Forse una relazione, ma lo spettatore non lo saprà mai perché Ela, in grande sofferenza morale, preferisce non dire nulla per poi decidersi a confessare con mezze parole a suo marito (in apparenza ermetico) di essere al corrente. Le certezze crollano e una minaccia di distruzione incombe su questa lunga vita a due…

Filmato con grande eleganza con inquadrature fisse e panoramiche, Lifelong gioca abilmente con la struttura vetrata e i quattro piani della casa moderna dove abita la coppia. La freddezza degli spazi (l’agenzia di Can, il museo dove espone Ela) riecheggia la solitudine della protagonista logorata da un'angoscia senza fine (la vecchiaia, l'evanescenza dell'essere una donna desiderabile, lo specchio della gioventù incarnato da sua figlia, ecc.) e sempre intenta a fare bella figura nella vita sociale. Il ritmo inevitabilmente tranquillo dell'intreccio non nuoce alla sua densità ed è sui tratti di Ela che bisogna sondare le variazioni dell'intensità del dramma psicologico che si consuma in un clima di incomunicabilità accentuata. Captando con finezza quello che accade tra le linee della vita, Asli Ozge dimostra un talento già affermato che non attende altro che un soggetto un po' più incisivo per scalare la gerarchia del cinema mondiale.

Prodotto dalla Turchia, Lifelong è coprodotto da Germania e Paesi Bassi con il sostegno fra gli altri di Eurimages. Le vendite internazionali sono affidate a Films Boutique.

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(Tradotto dal francese)

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