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BERLINALE 2014 Panorama

Berlinale: Arrête ou je continue, il bisogno di perdersi per ritrovarsi

di 

- Emmanuelle Devos in un incredibile ritorno alla natura dopo la crisi del suo rapporto coniugale con Mathieu Amalric. Un film singolare firmato da Sophie Fillières

Berlinale: Arrête ou je continue, il bisogno di perdersi per ritrovarsi

"Non parliamo mai di niente", "non balliamo mai", "tutto invecchia": la vita coniugale è decisamente lontano dal firmamento della felicità per Pomme e Pierre, i due protagonisti di Arrête ou je continue [+leggi anche:
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di Sophie Fillières, presentato al Panorama della 64a Berlinale.

Interpretati in modo eccellente da Emmanuelle Devos e Mathieu Amalric, i nostri due quarantenni dividono un quotidiano di sentimenti prosciugati, alimentati da una aggressività sorda, micro regolamenti di conti, silenzi eloquenti a colazione, passeggiate di routine nel bosco, uscite mondane senza entusiasmo e fissazioni leggermente maniacali.

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Il risultato di un presente appassito e un futuro incerto a malapena speziati da piccole punte di gelosia ("non ti piace che qualcuno mi ami"). Sulla base di questo ritratto di coppia molto ben reso e non senza umorismo, ma piuttosto banale a prima vista, Sophie Fillières riesce a creare un film piuttosto coraggioso e molto singolare raccontando come Pomme si dia alla fuga, nella solitudine della foresta in cerca di un nuovo senso da dare alla sua vita.

I personaggi di donne insoddisfatte della propria vita che cercano di trovare una via d'uscita o un nuovo respiro abbondano ultimamente nel produzione cinematografica francese (possiamo citare tra gli altri Elle s'en va [+leggi anche:
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), ma Pomme (Emmanuel Devos) s’avventura in un nuovo territorio, abbandonando il coniuge su una strada forestale e passando quasi due settimane da sola sopravvivendo alla natura.

Una fuga per un colpo di testa che lascia Pierre infastidito e imbarazzato prima di decidere di andare a cercarla (invano, in un'area di 444 chilometri di sentieri in 45.000 ettari) con diversi giorni di ritardo. Ma Pomme (che si presenterà più tardi dopo aver fatto l’autostop con il nome di Gena Rowlands: una strizzata d’occhio che la dice lunga ...) deve soprattutto fare il punto con se stessa, scoprire semplicemente se ha ancora una qualche forma di voglia di vivere, ora che si sa mortale (ha appena avuto un tumore benigno) e che suo figlio è troppo grande per continuare ad essere così iperprotettiva.

Sostenuto dal grande talento di Emmanuelle Devos, Arrête ou je continue supera i rischi di una trama poco credibile, con le sequenze nella foresta che assumono una colorazione di racconto realistico che avrebbe potuto facilmente cadere nell’incongruo. Una regia controllata, la precisione dei dialoghi e la bella fotografia firmata da Emmanuelle Collinot servono perfettamente un film senza dubbio in grado di disarcionare uno spettatore che ami la razionalità, ma che esprime molto bene l’emotività (femminile?) tra il non detto e improvvise esplosioni quasi senza senso. Un equilibrio umano ai confini della normalità che conferma lo stile non convenzionale di Sophie Fillières.

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(Tradotto dal francese)

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