email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

FILM Cile / Francia / Argentina

Las niñas Quispe o la vita sull'altopiano disabitato

di 

- L'opera prima di Sebastián Sepúlveda ha ricevuto una calda accoglienza da parte del pubblico del festival Cinélatino, dove si è aggiudicato il premio Rail d’Oc

Las niñas Quispe o la vita sull'altopiano disabitato

Nel 1974, poco dopo il golpe militare in Cile, il governo di Augusto Pinochet valutò l'emanazione di una normativa nota come legge di erosione con cui si metteva fine al pascolo sull'altopiano andino. Da questa notizia, e visto che gli abitanti della zona avrebbero dovuto abbandonare rapidamente le loro case, Justa, Lucía e Luciana Quispe videro minacciata la loro forma di vita nomade, lontana da ogni civiltà: “Dicono che le capre si mangiano l'erba e i carabinieri verranno ad ucciderle". "Che facciamo? Vendiamo le capre? Però se le vendiamo moriremo di dolore!".

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

E' questo il punto di partenza, sia nella realtà che nella finzione, della storia di Las niñas Quispe [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, primo lungometraggio di finzione del cileno Sebastián Sepúlveda presentato pochi giorni fa al festival Cinélatino. 26mi Incontri di Tolosa. Il film, prodotto dalla compagnia di Pablo Larraín in coproduzione con Francia e Argentina, è stato selezionato alla 22ma edizione di Cine en Construcción e ha partecipato e vinto premi nei festival di tutto il mondo, dopo il suo debutto alla Settimana della Critica dell'ultima Mostra di Venezia dove è stato premiato il lavoro del suo direttore della fotografia, Inti Briones.

In effetti, l'uso di paesaggi mozzafiato a quasi 4000 metri di altezza, girando quasi sempre in controluce e alle dure temperature dell'alba e del tramonto, negli stessi luoghi dove vivevano le Quispe, è uno dei punti di forza del film. Un altro è l'autenticità che danno ai loro personaggi le attrici protagoniste, di cui due professioniste (Catalina Saavedra e Francisca Gavilan) e un'altra, nipote delle sorelle (Digna Quispe). Fotografia e cast sono, in ogni caso, al servizio della fedeltà e del rispetto con cui Sepúlveda voleva giustamente raccontare una "storia di dignità" – ha ricordato il regista alla presentazione del film – che "come ha detto Raúl Ruiz, è parte della tragedia universale".

Lo svolgimento del racconto è del tutto oggettivo e asettico e sciorina i fatti con una lentezza in sintonia con il ritmo vitale dell'altopiano. Il risultato è un film insolito che mostra quanto poco sappiamo di quello che può essere la vita in uno degli angoli più solitari del pianeta.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dallo spagnolo)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy