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BIF&ST 2015

Accused, l'infermiera è un serial killer?

di 

- Il caso forse più clamoroso di errore giudiziario della storia d'Olanda portato al cinema dalla regista Paula van der Oest. Nelle sale olandesi ad aprile

Accused, l'infermiera è un serial killer?
Accused di Paula van der Oest

Infermiere o infermieri serial killer. Ogni Paese ha i suoi. "Angeli della morte" che nel tempo hanno riempito le pagine di cronaca e ultimamente soprattutto le trasmissioni televisive, per settimane.

Quello dell'olandese Lucia de Berk è però una storia a parte. Iniziao nel 2003 con tutto l'orrore insito nelle gesta di una persona che uccide i neonati con l'aloperidolo, si è trasformato nel caso forse più eclatante di errore giudiziario della storia d'Olanda. 

A portarlo sugli schermi è stata ora Paula van der Oest, che sfiorò l'Oscar nel 2003 con Zus & Zo. Il suo nuovo film Lucia de B. [+leggi anche:
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 (Accused), presentato al Bif&st di Bari, è in uscita nelle sale olandesi il 3 aprile prossimo con Pathé, dopo essere stato indicato come candidato nazionale per gli Oscar di quest'anno. 

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Fin dalle prime sequenza la regista sgombra il campo dagli equivoci, Accused non è un serial killer movie, appartiene piuttosto al genere "affare Dreyfus". Quello che Paula van der Oest vuole dimostrare è come il pregiudizio, il business spregiudicato, l'isteria di massa e il "media circus" possano portare un innocente ad essere condannato all'ergastolo e alla gogna mediatica. 

Nel corso del film la regista ricostruisce la figura di questa nurse (Ariane SchutlerOber [+leggi anche:
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), scrupolosa fino all'ossessione e descritta dalle colleghe, per pura gelosia professionale, come una donna fredda, distante, calcolatrice e manipolatrice. Si mormora che abbia abbandonato la figlia e che si prostituisca. In realtà scopriremo che Lucia ha un rapporto irrisolto con la madre, che la vendeva, ancora adolescente, agli uomini in squallide stanze di motel. 

Quando le morti accidentali nell'ospedale in cui lavora si fanno troppe, viene artatamente sospettata e sospesa, mentre una giovane e ambiziosa viceprocuratrice (Sallie Harmsen), fresca di laurea con tesi sul "profiling" dei criminali seriali, la incastra facilmente e la fa condannare. Accortasi dell'errore e della manipolazione delle prove da parte dei vertici dell'ospedale e della stessa procura, aiuterà gli avvocati difensori a farla scagionare. 

Il viso imperscrutabile della protagonista nella magnifica interpretazione di Ariane Schutler resta nella mente dopo la visione del film, che però non si distingue molto da un episodio di una serie tv di qualità. La qual cosa non è necessariamente un difetto, visto che ormai i migliori sceneggiatori e registi sono impiegati in quel settore. Ma dal cinema ci si aspetta forse di più, che le sue storie diventino paradigmatiche e costituiscano un modello interpretativo delle azioni sociali umane.

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