email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

CANNES 2015 Semaine de la Critique

Les Anarchistes: un infiltrato nel XIX secolo

di 

- CANNES 2015: Élie Wajeman ha aperto la Semaine con un’opera seconda storica molto attuale in cui un giovane idealismo appassito tenta di dialogare con la rivolta politica

Les Anarchistes: un infiltrato nel XIX secolo
Tahar Rahim, Adèle Exachopoulos, Guillaume Gouix e Swann Arlaud in Les Anarchistes

Era in uno straordinario ruolo di infiltrato che la Croisette e il mondo intero avevano scoperto Tahar Rahim, sei anni fa, nell’eccellente Il profeta [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Jacques Audiard
intervista: Jacques Audiard e Tahar Ra…
scheda film
]
. E’ quindi naturale che l’attore si sia calato per Élie Wajeman nel ruolo principale del suo secondo lungometraggio,Les Anarchistes [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, film d’apertura della 54ma Semaine de la Critique del Festival di Cannes, che racconta come Jean Albertini, poliziotto poco loquace, solo al mondo e amante dei libri (cresciuto senza padre, dice di aver imparato tutto da Victor Hugo), sia incaricato di spiare un gruppo di giovani anarchici facendosi passare per uno di loro. Siamo nel 1899, dopo il voto delle Leggi scellerate della Terza Repubblica francese volte a reprimere gli attentati anarchici, all’alba di un XX secolo che vedrà nascere il Partito socialista di Jaurès ma anche la Banda Bonnot. Nella banda in cui si infiltra Jean, c’è Élisée il leader idealista (Swann Arlaud), Eugène il feroce (Guillaume Gouix), Biscuit il ragazzo del popolo dal cuore tenero (Karim Leklou), Marie-Louise la borghese che accoglie la banda nel lusso del suo appartamento di famiglia (Sarah Le Picard) – perché i rivoluzionari più feroci non sono forse dei borghesi istruiti? – e infine Judith, ragazza dolce e determinata il cui sogno è fare la maestra (Adèle Exarchopoulos).

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

La posizione d’infiltrato del personaggio di Rahim era il punto di partenza di Wajeman, il cui primo riferimento per questo ruolo era Donnie Brasco, cosa che potrebbe risultare sorprendente se si considera il periodo descritto, ma la forza del film è proprio la sua modernità. Come sottolinea Charles Tesson a proposito di questo titolo che è una delle sole due opere seconde della sua fresca selezione, non è facile tornare dopo un’incensata opera prima come Alyah [+leggi anche:
recensione
trailer
scheda film
]
(selezionata alla Quinzaine des Réalisateur nel 2012), soprattutto con un film storico, ma per il delegato generale della Semaine la scommessa è vinta giacché il film riecheggia una disillusione molto attuale (sottolineata dall’impiego ricorrente di un vocabolario che è quello della nostra epoca).

Chiaramente, l’intento del regista era proprio quello di raccontare un clima che non è tanto diverso da quello del maggio ‘68 o dei primi anni ’80 dei Baader e altri giustizieri-rapinatori. Le sue scelte musicali non lasciano dubbi in proposito, poiché alle immagini scure e bluastre del film (al contrario dei toni sgargianti di certi film in costume, nonostante la fine del XIX secolo non fosse un’epoca così colorata) si sovrappongono regolarmente delle arie che richiamano il tempo degli hippie, da cui non si allontanano molto questi giovani orfani che vivono in "comune", degni eredi di Proudhon e Fourier, e dai costumi liberi.

Wajeman ha un talento decisamente particolare nel far rispondere i generi cinematografici e le epoche fra loro, e nel far dialogare le filmografie (la sua, quella di Rahim e di Adèle). Tra i nostri giovani anarchici, in compenso, i disaccordi e le contraddizioni sono tante, anche se sono legati (compreso Jean il poliziotto senza copertura) dallo stesso disprezzo per quei "porci" borghesi e dall’idea che è l’amore, e non l’odio, che li guida. Judith dice anche una cosa, verso la fine del film: fa osservare a Jean che sono dei "perdenti", o quantomeno perduti, ciascuno per motivi personali diversi. Questo spiega perché il film, malgrado la foga del suo titolo, abbia un aspetto abbastanza sbiadito, al di là delle sue tinte cupe dove mancano il giallo e il rosso, colori della scintilla di una bomba che non scoppierà mai. Sorprendentemente, per molti aspetti, Les Anarchistes è molto moderato.

Prodotto da 24 Mai Production e coprodotto da France 2 Cinéma e Mars FilmsLes Anarchistes sarà distribuito in Francia da Mars Distribution. Le vendite internazionali sono affidate a Wild Bunch.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy