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FILM / RECENSIONI

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- Isabelle Huppert e Olivier Gourmet nel primo lungometraggio di finzione dell’astro crescente del cinema svizzero. Un dramma dagli accenti poetici, che strizza l’occhio alla commedia

Opera prima di finzione per il grande schermo di Ursula Meier, Home [+leggi anche:
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scheda film
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è stato oggetto di una proiezione speciale alla Settimana Internazionale della Critica di Cannes 2008. Questa coproduzione elvetico-franco-belga, con protagonisti Isabelle Huppert e Olivier Gourmet, conferma le potenzialità della sua autrice, astro crescente del cinema svizzero, che si è già fatta apprezzare per i suoi documentari, Autour de Pinget e Pas les flics, pas les Noirs, pas les Blancs, e il telefilm Des épaules solides.

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Per riprendere un'espressione della Meier, questo film sembra un "road movie al contrario". In piena campagna, un padre, una madre e i loro tre figli trovano la loro dimensione ideale ai bordi di un'autostrada in disuso da dieci anni. E quando improvvisamente i lavori finiscono e arrivano le prime automobili, scatta la resistenza.

La piccola casa nella prateria contro l'autostrada che porta rumore e inquinamento: la metafora sembra chiara e il confronto piuttosto manicheo, ma il fulcro di Home è altrove, è soprattutto interiore: il fiume di macchine sconvolge per prima cosa l'equilibrio di questa famiglia simbiotica. Incapaci di rinunciare alla loro isola felice, questi Robinson del bitume arriveranno a perdere la ragione.

La regia sposa alla perfezione l'andamento del racconto: la camera a spalla e il montaggio brusco dei primi piani lasciano il passo a una regia più statica e trattenuta. La gamma delle inquadrature, così come la composizione delle immagini (una veduta da una finestra che disegna un quadro nel quadro, ad esempio) rappresentano l'isolamento dei personaggi. E la superba fotografia di Agnès Godard, fedele direttrice della fotografia di Claire Denis, cristallizza ancor di più la loro discesa agli inferi: i paesaggi luminosi e i colori vivi dell'inizio cederanno il passo a un'insondabile oscurità.

La regista è molto attenta alla colonna sonora. Rombi di motori e crepitii della radio non sono che l'eco di un mondo esterno nocivo, opposto alla tranquillità della natura che circonda la casa. E la musica – dal classico all'heavy metal, passando per Django Reinhardt e Dean Martin – ha un ruolo drammatico fondamentale, pur nell'eclettismo più gradevole.

Il gusto del mélange lo si ritrova anche nei toni del film, un dramma dagli accenti comici e poetici, e nel suo sottrarsi alle etichette e ai riferimenti cinefili – il che non impedisce di pensare a Week-end di Jean-Luc Godard o a Il settimo continente di Michael Haneke. Con questo film d'autore magistralmente diretto, radicale senza essere austero, Ursula Meier aggiunge una pietra preziosa al cinema europeo.

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