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TORINO 2022 Torino Film Industry

Durante i Production Days di Torino si è discusso degli spazi di mercato rimasti al cinema indipendente e della crisi delle sale

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- Gli operatori del settore hanno espresso i loro punti di vista sulla fotografia fosca del comparto riportata dall’esperto di Ergo Research Michele Casula

Durante i Production Days di Torino si è discusso degli spazi di mercato rimasti al cinema indipendente e della crisi delle sale
(sx-dx) Daniele Segre, Marco Valerio Fusco, Corrado Azzollini, Ines Vasiljevic, Simone Catania e Michele Casula durante il debattito

Il 24 novembre, durante i Production Days organizzati dalla Film Commission Torino Piemonte e da Torino Film Industry per il Torino Film Festival, si è tenuta una discussione intitolata “Sviluppare dai numeri. Quali spazi di mercato e quali generi per il cinema indipendente.” L’evento, moderato da Daniele Segre, ha visto la partecipazione di Marco Valerio Fusco di Intramovies; Ines Vasiljevic di Nightswim; Simone Catania di Indyca; Michele Casula, esperto di Ergo Research e Marco Luca Cattaneo di Rain Dogs.

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Casula ha esordito dicendo che il settore “non ama particolarmente i numeri: talvolta li subisce, altre volte li maltratta, spesso ritiene di poterne fare a meno.” Ha poi illustrato una serie di statistiche sul pubblico italiano. Secondo i dati raccolti, il 92% degli italiani over 14 guarda almeno un film all’anno e 113 è il numero medio di film visti in un anno. Inoltre, il 2% era la quota dei film visti al cinema prima della pandemia, ora ridottasi all’1%.

Casula ha anche spiegato che il Premium VoD “ha soddisfatto in maniera molto marginale la domanda di novità” e che “gli atti di visione su servizi VOD sono raddoppiati tra il 2020 ed il 2021 e nel 2022 rappresentano il 13% del totale [20%, includendo il 7% aggiuntivo portato da Sky].”

Parlando di altre tendenze nella fruizione, Casula ha aggiunto: “I film gratuiti su servizi Broadcaster-VoD come RaiPlay (6%) sono su volumi simili a quelli delle pay TV, mentre la pirateria assorbe il 12% degli atti di divisone, concentrati sopratutto su titoli in sala al momento della visione.”

In ambito seriale, il 78% degli italiani over 14 guarda almeno una serie all’anno e 5 è il numero medio di stagioni complete viste in un anno.

Soffermandosi sui generi, Casula ha citato la ricerca “Sala e salotto” del 2019, la quale rivela che ogni frequentatore delle sale indicava in media poco più di 2 generi da vedere al cinema, mentre ora il dato è 3,6.

In termini generazionali, invece, Casula ha asserito che “la torta dei figli (15-24enni) è più grande ed orientata verso le narrazioni internazionali, […] mentre il segmento genitoriale (55-64enni) si caratterizza per una fruizione più debole di storie ed esperienze.”

Sull’esercizio, Casula ha mostrato come i 26,9 milioni di spettatori di cinema over 14 del 2019 sono passati ad essere 19,5 nel periodo compreso tra maggio 2021 e settembre 2022. Gli ingressi per spettatore sono scesi, negli stessi periodi sopraccitati, da 3,9 a 3,0. Ciononostante, l’incidenza del pubblico più giovane (15-34) è salita dal 29% al 37%, mentre quella degli over 54 è scesa dal 29% al 26%.

Gli altri dati presentati da Casula mostrano come l’andamento delle ammissioni nel 2022 è altalenante e solo all’inizio dell’anno si correla un calo con la curva in salita dei casi COVID attivi. I picchi successivi, invece, sono principalmente frutto della capacita di specifici elementi dell’offerta di “stanare” la domanda. Il 2022 è partito all’insegna della cautela per il pubblico over 50, il quale solo a fine ottobre ha registrato una netta ripresa. Il primato settimanale degli ingressi vede dunque alternarsi le fasce 15-24, 25-34 e 35-49. Tra i titoli più recenti di traino al box office figurano Minions 2 (1.964.800 ingressi), Black Adam (681.661) e La stranezza [+leggi anche:
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(662.556). In termini generali, la fascia 25-34 sembra rifuggire maggiormente i film italiani, i quali risultano invece molto apprezzati dalle fasce 50-59 e over 60.

Tra le reazioni dei produttori successive alla presentazione, Vasiljevic ha ribadito la follia del modello di acquisire più IP possibili e dove si fa più packaging invece di lavorare sulle idee, spiegando come la sua società opera in maniera totalmente opposta.

Azzollini ha sottolineato come la pandemia e la proliferazione delle piattaforme hanno permesso un cambiamento nel pubblico. Ha detto che “non sempre il prodotto è il problema,” aggiungendo che diverse problematiche sono legate al fatto che distributori, broadcaster e luoghi di fruizione “non sono ancora riusciti ad adeguarsi ai cambiamenti dettati da questo periodo.”

Catania ha ribadito come “oggi essere indipendenti significa emanciparsi dalla piattaforme,” anche se ciò comporta un rischio enorme per il produttore.

Fusco ha citato altre criticità, come l’assenza di minimi garantiti (visti come “una chimera” a meno che non si tratti di commedie o grandi produzioni) e le finestre.

Cattaneo, senza mezzi termini, ha spiegato come il tax credit ha praticamente rimpiazzato la producer’s fee e sottolineato come “la maggior parte dei film che facciamo in Italia non interessano a nessuno, nemmeno ai festival.” “La legge [sul cinema] va cambiata e riportata al centro di quello che dev’essere il sostegno pubblico: l’eccezione e la diversità culturale. [..] Bisogna riportare il sistema del finanziamento rimettendo al centro l’opera e non solo l’autore.” Infine, ha posto l’accento sulla necessità di aiutare le sale a programmare in autonomia, superando i “colli di bottiglia” istituzionali.

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