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Álvaro Brechner • Regista

“Bisogna difendere la natura transculturale del cinema”

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Álvaro Brechner è nato 33 anni fa nella capitale dell'Uruguay, Montevideo. Dieci anni fa ha deciso di fare le valigie e trasferirsi a Madrid per diventare regista di cinema. Da allora ha firmato vari documentari e corti, e quattro anni fa ha cominciato a lavorare al suo primo lungometraggio di finzione, Mal día para pescar [+leggi anche:
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, coprodotto dalla Spagna al 70% (Telespan 2000 e Baobab) e dall'Uruguay al 30% (Expresso), e presentato alla Settimana della Critica di Cannes.

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Brechner ha girato il film in questo paese sudamericano ma si è avvalso della sua squadra di collaboratori spagnoli. Non c'è da stupirsi, dunque, che il regista rifiuti ogni etichetta nazionale e preferisca un approccio più ampio: “Mi piace dire che il cinema appartiene al pianeta cinema, anche se è ovvio che ogni opera risponde anche al momento e al luogo in cui è stata realizzata. La cosa bella è la sua capacità transculturale, che fa sì che Jean-Pierre Melville ricrei in Francia il cinema nordamericano degli anni Trenta, poi che arrivi John Woo e porti in Asia il cinema ispirato a Melville, e che infine Tarantino prenda Woo e lo riporti negli Stati Uniti. Il cinema racconta sempre la personalità del suo creatore e la società in cui ha vissuto, ma anche lo stesso cinema. Al giorno d'oggi difendiamo tanto le cinematografie regionali, il che è importante, ma bisognerebbe difendere anche la natura transculturale del cinema”.

Un'analisi che si addice alla sua opera prima, in cui risuonano echi di molti generi diversi: “Vorrei che ci fosse un'atmosfera come quella di 'C'era una volta...' Mi piace molto quando vedi un film e puoi immergerti in un mondo particolare, non quello che hai sotto casa, bensì più vicino alla fantasia e al sogno. E io ho sognato uno di questi villaggi dove vedi sempre l'alba e il tramonto, che continua a far parte dell'idea di western, due uomini confrontati a un destino inevitabile”.

Questi due uomini sono il principe Orsini e Jacob Van Oppen, rispettivamente manager e lottatore, in tour in una serie di paesini dimenticati del Sud America (leggi la news): “Il film parla del processo di creazione dell'identità e di come finiamo per trasformarci in ciò che crediamo di essere. Tutti i personaggi parlano continuamente di ciò che sono. Chi sente la necessità di dire chi è, nasconde qualcosa. E ciò che nascondono è la sfiducia in loro stessi”.

Quanto al futuro, Mal día para pescar segna un prima e un dopo nella carriera di Brechner: “In questo momento ho pochi piani a breve termine, perché sono tre mesi che giro per festival. Ho una sceneggiatura pronta, che proprio adesso stiamo cominciando a mostrare e spero che possa attirare una maggiore partecipazione europea”.

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