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Robert Manthoulis

L’autore e il suo antieroe

di 

- Nel suo Lilly's Story il cineasta greco si mette in scena attraverso un regista che scrive un film politico sul proprio paese d’origine

Robert Manthoulis è un cineasta europeo d'origine greca, fuggito dal suo Paese e rifugiatosi in Francia dopo il colpo di stato dei colonnelli nel 1967. Il suo film Lilly's Story (a Venezia in "Controcorrente") è la cronaca romanzata, profondamente umana, della sua esperienza di esule. Un racconto metafilmico su un regista che scrive un film politico sulla situazione del suo Paese, che è stato costretto a lasciare anni addietro.

Un film sulla memoria, dunque.
”La memoria fa parte del nostro quotidiano, ma non considero le sequenze del film come dei veri e propri flashback del mio passato. La vita di questi personaggi è stata una vita difficile, sono degli antieroi, ma io li considero dei grandi personaggi. Le vicende della Grecia, le persecuzioni hanno pesato molto sulle spalle di queste persone, molti non sono riusciti a sopportarle e sono rimaste vittima della follia. Conosco molti di questi rifugiati, a Parigi, devono fare continuamente i conti con questi ricordi. Penso che i giovani abbiano difficoltà a capire l'equilibrio tra passato e presente”.

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Questo esilio continua ancora oggi che la Grecia è un Paese libero?
”Quando la Grecia è stata liberata dalla dittatura militare io non sono riuscito a tornare subito. Ho preso del tempo. Ora vivo metà del tempo in Francia e metà in Grecia, ma l'esilio continua, si è espatriati, senza Patria, per sempre. Trent'anni dopo si è creata una certa distanza. Ho preferito aspettare a parlare di quel periodo così doloroso. Ma quando si è in esilio dopotutto la vita non è così difficile, specie se si è greci. C'è una commistione di sentimenti grevi e leggeri, ma noi facciamo sempre emergere il lato comico della vita. Non sono stati fatti molti film sulla vita quotidiana di un esiliato politico greco. Io dovevo farlo, e qui presento un No man's land”.

Quanto c'è di attuale in Lilly's Story?
”Cè una scena in cui un'intera famiglia rimane soffocata dentro un camion frigorifero. Nei giorni scorsi ho letto nella prima pagina di un quotidiano italiano la notizia di cinque curdi asfissiati dentro un camion frigorifero”.

Il suo può considerarsi un film greco, anche se è stato cofinanziato da Grecia, Francia e Slovenia?
”Ovunque io vada, la Grecia mi segue, come ha detto un grande poeta. Il mio è un film europeo, in realtà. Ho avuto l'appoggio del Centro di Cinematografia Greco, ho avuto l'appoggio di Eurimages, e grazie a ciò abbiamo girato in condizioni piuttosto buone”.

Cosa pensa della cinematografia greca e dei problemi legati alla produzione?
“Ci sono i grandi, come Anghelopoulos, e molti giovani di talento. I greci sono un popolo di cinefili, pensi che prima dell'arrivo della televisione era la popolazione che andava di più al cinema. Salvo la rete nazionale, la tv non aiuta affatto il cinema. Per finanziarsi bisogna cercare fonti diverse, come abbiamo fatto noi. Ci sono tre o quattro registi di grande talento, ma i loro film non sono all'altezza del loro talento. E questo si speiga appunto con le condizioni attuali della produzione cinematografica”.

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