email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Jean-Stéphane Bron • Regista

“Un processo di svelamento”

di 

- Dopo Le génie helvétique e i retroscena del Parlamento svizzero, il regista tratta la crisi dei subprime in Cleveland Versus Wall Street

Cineuropa: Qual è stata la genesi di Cleveland Versus Wall Street [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Jean-Stéphane Bron
scheda film
]
?

Jean-Stéphane Bron: Molto prima della crisi dei subprime, volevo fare un film sulla finanza partendo dall'idea che le forze economiche avevano preso il sopravvento su tutto il resto, la politica, l'ideologia, e che qualcosa sarebbe successo, che non poteva durare. Ho cercato allora un luogo che potesse incarnare, attraverso delle figure, nozioni economiche di per sé astratte e molto poco cinematografiche. L'ho trovato a Cleveland, che ha deciso di citare in giudizio ventuno delle banche più potenti del mondo in seguito alla crisi dei subprime, un disastro economico e sociale per la città e i suoi abitanti. Il processo è stato sempre rinviato, quindi ho scelto di metterlo in scena con i suoi veri protagonisti. Cleveland è una metafora dell'America, ma anche del mondo.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Come è riuscito a convincere i protagonisti?
E' stato un processo lungo. Tanto più che alcuni testimoni erano alla sbarra, nella posizione di imputati… E' stato molto difficile trovare famiglie che accettassero di testimoniare: abbiamo dovuto spiegare l'idea centrale del film, che il processo sarebbe stato simbolico, uno spazio della parola... Una volta compreso il procedimento, qualcosa è successo, si sono lasciati andare.

Come ha allestito questo insolito set?
Nei processi americani ci sono le telecamere, ma hanno collocazioni ben precise. Avendo la libertà della messa in scena, abbiamo deciso di metterle in posti in cui non si sarebbero mai potute trovare nella realtà. Le nostre due cineprese erano l'una di fronte all'altra, montate su piccoli carrelli. Qualche millimetro e sarebbero entrate l'una nel campo dell'altra, e il trucco si sarebbe svelato da solo! L’"involucro" del film è dunque fittizio, ma nessuno recita. Tutto ciò che si svolge "sulla scena" del tribunale rientra nell'ambito del documentario. Non ho mai indotto nuovi sviluppi, mi sarebbe sembrato estremamente finto. In compenso, ho scelto i testimoni con molta cura e gli effetti di sorpresa sono dovuti al fatto che si tratta di un processo istruttorio, come in un'inchiesta in cui si comprendono le cose passo dopo passo. Infine, abbiamo anche riscritto il film al montaggio. Grazie alle due camere, abbiamo potuto dilatare il tempo, portare un silenzio, un'espressione che non c'era. Abbiamo amplificato quello che funzionava per la scena. Senza tradire.

Ha scelto una forma particolare, al confine tra documentario e fiction.
Cerco sempre di fare in modo che i miei film parlino la lingua del documentario, di utilizzare i suoi mezzi e la sua grammatica, cercando di esplorare la sua forma stessa. Per me, il pregio del film documentario è quello di trovare forme singolari, che possono anche attingere alla fiction, per mostrare la realtà in un altro modo. Anche se alcuni lo considerano come il luogo della verità e della non rappresentazione… C'è una sorta di sacralità nei confronti del reale e della sua registrazione! Quando guardo tutti i canali – la televisione, Internet… – attraverso i quali la realtà arriva a noi ogni giorno, penso che il cinema debba giocare un'altra carta. Quella della sperimentazione e di forme che devono interrogarci sul mondo e sul nostro modo di rappresentarlo.

Questo film le ha fatto venir voglia di proseguire la sua riflessione sul capitalismo?
Sto per cominciare un film sull'Organizzazione Mondiale del Commercio. Non so ancora che forma prenderà, ma chiuderà una sorta di trilogia composta da Le génie helvétique e Cleveland Versus Wall Street. L’OMC concepisce i grandi scambi internazionali e il rapporto tra economia e politica in un'ottica di conquista: bisogna sempre coprire nuovi mercati, guadagnare punti di crescita, su un pianeta che, pertanto, infinito non è.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy