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Christophe Honoré • Regista

All You Need is Love

di 

- Il regista francese racconta la sua nuova incursione nel genere 'film francese con canzoni', Beloved.

Il regista francese di Love Songs [+leggi anche:
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(2007) racconta la sua incursione nel genere 'film francese con canzoni', The Beloved [+leggi anche:
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intervista: Christophe Honoré
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. Studio dell'amore e dello sviluppo delle relazioni sentimentali, il progetto era nato come romanzo prima di divenire il punto d'incontro di tre grandi attrici francesi e assicurarsi uno spazio al Festival di Cannes come film di chiusura.

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Cineuropa: è vero che The Beloved è diventato un musical solo per caso?
Christophe Honoré: In origine, stavo scrivendo un romanzo, ma non sapevo come chiuderlo. Così ho contattato Alex Beaupain, che aveva realizzato per me le musiche di Love Songs, e gli ho detto: "Ti do una pagina di dialoghi, vedi se riesci a scriverci una canzone", e lui è venuto da me con l'idea di trasformare il libro in una commedia musicale.

Il film sembra una specie di follow-up di Love Songs: è anche simile il modo in cui l'ha pensato?
Penso che i due film condividano l'idea del genere, la commedia musicale o film francese con canzoni. Per me sono però diversi. I personaggi sono diversi: in Love Songs c'era un ritratto di giovani a Parigi in un periodo di tempo specifico, mentre in The Beloved ci sono due eroine che rappresentano due epoche diverse, è più dettagliato e anche l'immaginario è dettagliato, come il sentimento amoroso e lo sviluppo di questo sentimento. In Love Songs, il personaggio interpretato da Louis Garrel in qualche modo incarnava l'esperienza che aveva con due tipi di sentimenti diversi e simultanei, dalla perdita dell'amato alla scoperta di un'altra forma d'amore. In The Beloved, la relazione è più focalizzata sul tempo e sull'emozione. Il film parla d'amore e di vita sentimentale dei personaggi perché era quello che mi interessava. Non volevo parlare d'altro: solo d'amore, per avere un'idea più profonda del modo in cui lo sento e lo comprendo.

Nel dirigere Catherine Deneuve e Chiara Mastroianni come madre e figlia, voleva portare una relazione vera sul grande schermo?
Quando c'è un legame reale tra le attrici, naturalmente, è abbastanza ovvio che il regista voglia catturarlo e riportarlo sul set. Ma è vero anche che mi piaceva guardarle fuori dalle scene, in pausa, o quando mangiavano insieme. Ho cercato così i dettagli della loro relazione. Mentirei se dicessi che quando vedo Chiara e Catherine nella stessa scena, non penso che sono figlia e madre. Ma trovo interessante vedere come le influenze della realtà si ritrovano nella loro recitazione, nel modo in cui si guardano, nella tenerezza che emerge a volte, e altre volte nell'irritazione. Questo arricchisce i personaggi che interpretano.

Un'altra scelta interessante quella di far interpretare a Ludivine Sagnier lo stesso personaggio di Catherine Deneuve. Vede la Sagnier come la nuova Deneuve?
Ludivine è strana come attrice, è davvero camaleontica. Non mi piace quel tipo di attore che vuole 'costruire il personaggio', e cose del genere, trovo siano stupidaggini. Ma lei è particolare, ha grandi capacità in questo senso, e quando la si vede nel film e poi in un altro film, non è mai la stessa. È strano, ed è interessante che le venga così naturale. Non lo so, dopo due film insieme, lei per me è ancora un mistero. Ma è facile lavorarci, è incredibile, le chiedi di fare una cosa e alla prima ripresa è già perfetta, affascinante - anche i direttori della fotografia impazziscono per lei.

Sa, quando ero un giornalista ai Cahiers du Cinema, nelle mie recensioni non scrivevo neanche una riga sugli attori, il regista era sempre l'unico che mi sembrava meritare il mio inchiostro. Ora penso ci siano cose anche più importanti della sceneggiatura. Avere gli attori che mi piacciono per creare qualcosa mi basta a far partire un nuovo progetto.

Vede però un legame fra Deneuve e Sagnier?
Beh sì: Ludivine fa rima con Catherine.

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