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Ignacio Ferreras • Regista

"Lo storyboard è dove scrivi la pellicola in linguaggio cinematografico"

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- Il regista spagnolo racconta la sfida di realizzare Arrugas, un film d'animazione adattato da un fumetto sui temi della vecchiaia, dell'Alzheimer e dell'amicizia.

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è un dramma modesto sulla vecchiaia e la sindrome di Alzheimer con protagonisti due anziani che stringono una curiosa amicizia in una casa di riposo. Non sarà la prima pellicola su questo tema, ma è sicuramente la prima che lo fa attraverso l'animazione. Il suo regista, l'esordiente Ignacio Ferreras, ha raccontato a Cineuropa il processo di adattamento sul grande schermo del fumetto originale di Paco Roca.

"Nell'accettare di dirigere Arrugas, la mia unica condizione era di poter disegnare tutto lo storyboard personalmente, invece di dividere questo lavoro tra varie persone, come si fa di solito nell'animazione occidentale. E' lì che prendi tutte le decisioni sul montaggio, le inquadrature, il movimento della camera, l'azione dei personaggi, ecc. E' dove scrivi la pellicola in linguaggio cinematografico. Dirigere un film d'animazione significa innanzitutto disegnare lo storyboard e montare l'animatica".

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"Ho evitato di documentarmi troppo sul tema della vecchiaia. Uno dei grandi rischi dell'adattamento è allontanarsi troppo dall'opera originale, e l'eccesso di documentazione può contribuirvi. La cosa importante era cercare di mettermi nei panni dei protagonisti. Ovviamente, non sono un anziano e non soffro di Alzheimer, e la mia capacità di immaginare questa situazione è destinata a essere imperfetta, ma credo che ci si possa comunque andare vicini perché le emozioni che sentiamo sono le stesse indipendentemente dalla nostra età".

"Non si può fare un film o un fumetto sulla vecchiaia o l'Alzheimer, deve essere per forza una storia di personaggi concreti. Per me, l'importante era conservare la relazione tra i due protagonisti, Emilio e Miguel".

"Ho goduto di una libertà pressoché assoluta nell'adattare il romanzo grafico originale. L'unico limite è stato mantenere la durata approssimativa di 80 minuti. E, più che un limite, è stata una disciplina molto salutare. Questa libertà mi ha permesso di sviluppare la storia in modo organico mentre disegnavo lo storyboard, un processo durato più o meno un anno, senza sentirmi troppo legato a una sceneggiatura scritta".

"Il principale vantaggio del fatto che i membri del cast e della troupe hanno lavorato da diverse parti del mondo è che grazie a questo abbiamo potuto fare il film. Sarebbe stato impossibile riunirli tutti in un singolo studio in un tempo ragionevole e con il budget che avevamo. Svantaggi? Tanti. In un mondo ideale, sarebbe sempre preferibile avere tutta la squadra presente nello stesso studio, ma non è possibile in una produzione di budget limitato. Soprattutto l'animazione europea dovrà adattarsi sempre più a questa forma di lavoro a distanza ed è importante sviluppare modelli di produzione efficaci e tecnologie che la facilitino".

"Da un punto di vista puramente creativo, direi che l'animazione 2D gode di maggior salute rispetto al 3D, il quale sta rimanendo vittima del proprio successo commerciale. Penso che il 2D sia più appropriato del 3D per trattare storie serie. Come spettatori, percepiamo un'immagine grafica in 2D in modo molto diverso rispetto a una in 3D. È più aperta all'interpretazione, alla partecipazione. Ha in qualche modo bisogno che lo spettatore la completi, che ci metta qualcosa di suo, per questo penso che funzioni molto meglio per le storie drammatiche. Paradossalmente, credo che sia molto più realistica del 3D, che abbia una gamma espressiva molto più ampia".

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