email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Matteo Garrone • Regista

“La mia favola nera pensata come un cartoon”

di 

- Dopo Gomorra, Matteo Garrone ha scelto una piccola storia: quella di un uomo che insegue il sogno del successo televisivo

"Non credo che sia rappresentativo di tutto un Paese", dice Matteo Garrone del suo Reality [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Matteo Garrone
scheda film
]
, in Concorso al Festival di Cannes (e il 28 settembre nelle sale italiane). È un film "su un uomo comune, perchè desidera quello che tutti desiderano. È un Pinocchio moderno, candido, ingenuo che insegue il sogno del successo facile nella tv, il nuovo Eldorado che fa sentire l'Olimpo in terra, un nuovo paese dei balocchi". Un piccolo film per "superare l'impasse del dopo Gomorra, scacciare l'ansia da prestazione".

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Perché la scelta di girare proprio questa storia, quando il Grande Fratello è ormai in declino?
"Dopo Gomorra [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Domenico Procacci
intervista: Jean Labadie
intervista: Matteo Garrone
scheda film
]
, volevo fare un film diverso, cambiare registro. Ho cercato per anni una storia altrettanto forte, ma non l'ho trovata. Per questo motivo che ho deciso di fare una commedia, che si mescolasse con la tragedia. Reality è nato da una storia vera, semplice, che abbiamo adattato per riflettere sul nostro presente, sul mondo contemporaneo. Mi sono avventurato così con i miei compagni di lavoro, con leggerezza, per ritrovare il piacere di fare cinema, di divertirmi".

Viene comunque rappresentato un enorme vuoto culturale.
"La famiglia è il detonatore, il contagio nasce da li, non dal protagonista, dal tessuto sociale in cui vive, un contagio non legato solo a quell'ambiente ma trasversale all'intera società. Mi hanno detto che alcuni giornalisti non hanno amato il film perché non era abbastanza chiara la denuncia rispetto alle aspettative. Posso dire che l'intento non era quello di fare un film di denuncia o contro un certo tipo di televisione. Volevamo un favola moderna, ma anche un viaggio agli inferi del personaggio che si spersonalizza e perde la sua identità".

Una favola dagli aspetti agghiaccianti.
"Quando racconto una storia non sempre riesco a capirne la drammaticità. Me ne accorgo anche io a film finito. Ma pensavo ad una sorta di cartoon Pixar con dei risvolti drammatici".

La prova del protagonista è stata considerata eccellente.
"L'aspetto centrale e più forte del film è l'interpretazione di Aniello Arena, che ha dato al personaggio un candore e un'innocenza dovuta anche al fatto che lui ha scoperto un mondo che non conosceva. Nei suoi occhi si legge questo stupore. È stato lo straordinario interprete di un ruolo complicatissimo che si muove su più piani".

Infine c'è la location napoletana.
"Napoli è una città ricca di contraddizioni, che conserva luoghi antichi, quasi eduardiani, con dei set artiificiali".

Oltre a Eduardo De Filippo, quali altre fonti di ispirazione ha trovato per il film?
"De Sica, Fellini, Visconti... Lo Sceicco bianco, Bellissima, Matrimonio all'italiana, L'oro di Napoli".

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy