email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Bobo Jelcic • Regista

La tensione di un giorno bizzarro

di 

- Lo scrittore e regista croato racconta come ha ottenuto l’atmosfera speciale del suo debutto A Stranger.

A Stranger [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Bobo Jelcic
scheda film
]
, lungometraggio d’esordio dello scrittore e regista croato Bobo Jelcic, è stato proposto in prima mondiale nella sezione Forum della Berlinale, e sarà ora al Marché du Film di Cannes. Jelcic racconta come ha ottenuto l’atmosfera speciale che lega il film e tiene vivo l’interesse dello spettatore, e com’è fare un pitch con una sceneggiatura nella quale, in apparenza, non accade nulla.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)
Hot docs EFP inside

Cineuropa: Lei è nato e cresciuto a Mostar. Quanto c’è di autobiografico nel suo film? Come si sente a Mostar?
Bobo Jelcic: Ogni film dovrebbe essere in qualche modo autobiografico, perché puoi parlare responsabilmente e a proposito solo delle cose che conosci bene, in particolare di quelle di cui ha fatto esperienza personale. Questo film è su cose che penso di conoscere molto bene - le sensazioni, la mentalità, le situazioni in città. Che in larga parte sono anche ciò di cui sono fatto. Oggi quando vado a Mostar ho emozioni molto varie, è come se fossi teletrasportato all’infanzia senza preavviso. Anche se lì la guerra non ci fosse stata, l’avrei comunque sentita. E la guerra ha cambiato tante cose indubbiamente. Non sei mai totalmente certo delle emozioni e delle loro definizioni. Ad ogni modo, le emozioni più interessanti sono quelle che non riesci a definire.

Questo film non funzionerebbe ovviamente senza l’attore giusto nel ruolo del protagonista. Quando ha scelto Bogdan Diklic per la parte di Slavko?
Ci conoscevamo già: [la produttrice teatrale] Natasa Rajkovic ed io abbiamo lavorato ad un progetto teatrale a Belgrado, e c’era anche Diklic. Il progetto non era mai venuto alla luce, ma ho immediatamente pensato a Diklic per questo ruolo proprio per come è: ruvido ma delicato, forte ma gentile, vecchio ma infantile, proprio come il protagonista del film. Il mio metodo di lavoro consiste nel razionalizzare tutto nella prima fase di prove, così che tutti comprendano nello stesso modo i punti importanti - personaggi, storia, anche il punto di vista sul mondo. La nostra collaborazione è stata stretta.

Come ha portato questo progetto ad un pitch di finanziamento, con una sceneggiatura nella quale non succede praticamente nulla?
Non sono d’accordo, in realtà succedono molte cose nello script: in quel giorno della sua vita, Slavko è molto impegnato, e gli accadono molte cose. È in ricerca costante, quasi a caccia. Il fatto che alla fine del giorno non abbia fatto nulla è un’altra cosa. Proprio nella bizzarria di questa giornata troviamo una storia molto emozionante e forte. Il Croatian Audiovisual Centre era l’unica fonte di potenziale finanziamento a riconoscere il valore della sceneggiatura, e ci ha supportato sin dall’inizio. Con gli altri non è stato così semplice. In Bosnia ci hanno supportato finanziariamente, per quanto hanno potuto. Per quanto concerne i fondi internazionali, solo il Global Film Initiative aveva capito di che tipo di film si trattasse. Siamo stati rifiutati da numerosi forum di co-produzione, per loro la storia non funzionava. Ma la perseveranza ha pagato e siamo riusciti a fare il film con il denaro di queste fonti.

Qual è stata la maggiore sfida nella produzione del film?
Da un punto di vista artistico, la sfida era trasferire il ‘codice’ della sceneggiatura al film: questa ‘assenza di eventi’, la sensazione che nulla stia accadendo, mantenendo però la tensione senza eccessi drammatici o tragici, simbolismi o sentimentalismi d’accatto. Tutto il film è una considerazione sullo stato delle cose a Mostar, con emozione ma senza troppa insistenza. Come vede, è difficile anche da spiegare. Da un punto di vista tecnico non è stato un progetto complesso, l’unico problema erano la neve e la pioggia a Mostar che ci hanno costretto a rimandare le riprese, perché avevamo bisogno che fosse primavera. Ma ha comunque dato qualcosa al film, questo colore della luce che crea quell’atmosfera speciale sul grande schermo.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy