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Terry Gilliam • Regista

“Un buon modo di guardare al futuro è guardare al passato”

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- Dopo la prima veneziana del suo ultimo film, The Zero Theorem, Terry Gilliam ha tenuto una conferenza stampa nel corso della quale ha parlato della disintegrazione delle relazioni umane nel mondo virtuale

Terry Gilliam • Regista

Dopo la prima veneziana del suo ultimo film, The Zero Theorem [+leggi anche:
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, in lizza per il Leone d’Oro, l’ex membro dei Monty Python ha tenuto una divertente conferenza stampa alla presenza della protagonista del film, Mélanie Thierry, dove ha parlato della disintegrazione delle relazioni umane nel mondo virtuale.

Terry Gilliam accetta subito l’idea che il suo lavoro possa essere considerato l’ultimo capitolo della trilogia distopica composta da Brazil e L’esercito delle dodici scimmie: “Pensiamo in termini di trilogie perché fa più intellettuale, ma è vero che il film è più legato a Brazil di quanto non pensassi all’inizio. La differenza è che sembra molto nel presente, perché avevo iniziato a lavorare su quello, e il futuro ci ha raggiunto. La domanda che il film si pone è molto attuale: abbiamo ancora delle relazioni? (…) Sto solo cercando di guardare il mondo: quante relazioni sono virtuali oggi?”

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Il regista sa anche di guardarsi indietro: “Un buon modo di guardare al futuro è di guardare al passato. Prima c’era la religione, ma non funziona più. La nostra nuova fede è la tecnologia? (...) Non mi vedo come un nerd, ma la mattina quando mi siedo al computer, mi ritrovo sedotto dallo schermo e mia moglie si stupisce di come sono diventato”.

Allo stesso tempo, “più siamo connessi al mondo più lo comprendiamo”, dice Gilliam, che cita la spade di Damocle ma aggiunge che “ha due facce, è pericolosa e insieme emozionante”. Dopo tutto, aggiunge, “la Primavera Araba è stata possibile perché i giovani comunicavano, anche se ora vediamo che ciò che hanno combattuto sta riprendendo il controllo”.

Ampliando ancora il tema centrale del suo film, il visionario regista britannico dice: “La vedo così: possiamo accedere ad ogni tipo di informazione, ma ne siamo comunque separati. Trovo affascinante che le persone si nascondano dietro nomi falsi, ed è l’unico modo in cui tanti giovani riescono a comunicare fra loro. Penso abbia molto a che fare con la pubblicità, dove le persone vengono presentate come dei e dee bellissimi. Ma non siamo così. E allora come facciamo a comunicare con gli altri se si aspettano che noi siamo perfetti?”

Alla domanda sul paradosso incarnato dal personaggio di Leth Qohen (Waltz), idealista che si è arreso alle grandi aziende, Gilliam sottolinea: “È evidente che prima aveva una vita, ma ha subito un danno e lo nasconde, ed è incapace di avere una relazione completa nel mondo reale. (...) E ora fa il suo lavoro senza fare domande. Il mondo delle grandi aziende ci consuma così tanto che non ci facciamo più domande, rimanendo in qualche modo idealisti. Non ho ancora risolto la contraddizione”.

Sulle riprese a Bucarest, Gilliam ha sottolineato quanto siano state economiche e l’ottimo rapporto costo/qualità sul grande schermo: “Al mercato cinese di lì puoi comprare tessuti a peso. Sono orrendi da indossare, ma sullo schermo sono fantastici. (...) Eravamo un gruppo di persone perdute nel mondo reale, cercavamo di sopravvivere girando un film surreale. A Bucarest non ci sono reti di salvataggio, ma hai una libertà totale. Non eravamo repressi, oppressi, insomma, nulla di -pressi. È stato fantastico”.

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(Tradotto dal francese)

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